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Quando: Giovedì 23 ottobre 2025, ore 18:00
Dove: CHIOSTRO DI SANTA MARIA IN VADO, via Borgovado 3

    Autore: Rodolfo Baraldini

    UN PERCORSO PARTECIPATIVO

    12 GIUGNO 2023 ORE 18
    Centro Documentazione Donna
    Via Terranuova 12/b
    Presentazione della pubblicazione: “UNA CASERMA PARTECIPATA”.
    La pubblicazione UNA CASERMA PARTECIPATA raccoglie le prime proposte e idee dei cittadini in merito  alla riqualificazione dell’ex caserma Pozzuolo del Friuli .
    Il titolo di questo libro sottolinea la volontà dei cittadini di partecipare all’elaborazione di un nuovo progetto che tenga conto dei bisogni e delle proposte nate dal “basso”.

    Il Forum Ferrara Partecipata sollecita il sindaco Fabbri: “Risponda all’impegno preso sull’ex caserma”

    Lettera aperta al primo cittadino di Ferrara. In cima alle richieste c’è quella di cominciare al più presto il percorso di coinvolgimento attivo dei cittadini sulle scelte che riguardano la riqualificazione dell’area della “Pozzuolo del Friuli”

    di Sara Bolognesi

    Continua il lavoro di cittadinanza attiva del Forum Ferrara Partecipata, con una lettera aperta inviata al sindaco Alan Fabbri per sollecitarlo, come promesso dal primo cittadino, ad avviare il confronto sulla riqualificazione dell’ex caserma ‘Pozzuolo del Friuli’.

    In questa lettera, illustrata da Francesca Cigala, il Forum Ferrara Partecipata chiede – appellandosi alla mozione approvata dal Consiglio comunale il 27 febbraio – di cominciare al più presto il percorso di coinvolgimento attivo dei cittadini sulle scelte che riguardano la riqualificazione dell’area della ex caserma “Pozzuolo del Friuli”. Lo stesso sindaco ha affermato, il giorno seguente l’approvazione della mozione in Consiglio Comunale, che “Fè.Ris non sarà un progetto calato dall’alto. Da sindaco ritengo del tutto normale, anzi positivo, che una proposta progettuale di un’amministrazione aperta al confronto, com’è la nostra, possa cambiare su sollecitazione dei comitati e della partecipazione attiva”.

    Ma a distanza di mesi questa convocazione non è ancora avvenuta, come ricordano più volte Cigala e Corrado Oddi, delegati del Forum Ferrara Partecipata.

    Insieme alla lettera è stata consegnata anche la pubblicazione “Una caserma partecipata”, un libretto che contiene le proposte e le idee dei cittadini in merito alla riqualificazione dell’ex caserma, raccolte nel corso di un’assemblea pubblica indetta dal Forum il 14 marzo. “Un’assemblea viva, significativa e partecipata. Era una scommessa e siamo rimasti sorpresi dalla reazione della città” sottolinea Alessandro Tagliati. Tra le richieste contenute nella lettera, anche quella di pubblicare sul sito del Comune questo elaborato per aprire un ulteriore dibattito, per poter anche raccogliere altri suggerimenti e considerazioni da parte dei cittadini.

    Questa pubblicazione sarà presentata alla cittadinanza lunedì 12 giugno alle ore 18, negli spazi della biblioteca del Centro Documentazione Donna di via Terranuova.

    Ricorda Roberto Zambelli come “nella pubblicazione si ritrovano proposte che in parte erano già tratteggiate nel contratto con i cittadini presentato prima delle elezioni dal sindaco Fabbri, alcune legate anche all’ex caserma. Sarebbe il momento di far valere queste idee, che non erano così malsane ed erano in linea con molte delle proposte attuali dei cittadini”.

    “Chiederemo inoltre al sindaco di presentare ai cittadini il Pug, il piano urbanistico generale della città, perché questo è l’atto con cui si disegna il futuro della città. I cittadini devono essere coinvolti in questa discussione, che si sta avviando senza nemmeno una presentazione pubblica” aggiunge Francesca Cigala. “Tra gli obiettivi del Forum c’è anche la costruzione del percorso di cittadinanza attiva, in modo che i cittadini possano avere voce nelle decisioni pubbliche che modificano la città, e di conseguenza anche il vivere la città. In questi mesi abbiamo lavorato proprio per andare in questa direzione – continua Cigala – tramite i seminari organizzati con il dipartimento di architettura dell’Università di Ferrara, un bel momento di formazione e di incontro tra cittadini e università, per partecipare e pensare alla città del futuro”. Sottolinea in merito Alessandra Guidotti la “capacità generativa del dialogo tra politica e cittadini. Bisogna superare lo scollamento tra politica e cittadinanza”.

    Presente alla conferenza del Forum Ferrara Partecipata anche Marino Pedroni, ex direttore del teatro Comunale di Ferrara, che sottolinea come “al di là del Fè.Ris è importante che la cittadinanza venga coinvolta nelle scelte che riguardano il futuro delle città. Questa città, nello specifico, avrebbe bisogno di strutture, spazi dedicati alla socialità, ai laboratori, specialmente per i bambini”, appoggiato da Anna Faccini, presidente dell’Unicef di Ferrara, che ricorda come in passato l’Amministrazione comunale fosse più attenta a questa fascia d’età, con “un Consiglio comunale, aperto ai ragazzi, dove gli stessi presentavano proposte di intervento sul territorio”.

    “Il sindaco deve rispondere a questo impegno. In generale è importante che si tenga aperto il dialogo con la cittadinanza per quello che riguarda le decisioni legate all’urbanistica della città, a partire dal nuovo piano urbanistico generale” aggiunge Corrado Oddi, ricordando come il Forum Ferrara Partecipata non sia nato “solo per bloccare il progetto del Fè.Ris. Continueremo il nostro lavoro, nella direzione di un percorso partecipativo e di consapevolezza”.

    Sul tema della consapevolezza è intervenuta alla conferenza anche Angela Soriani, una cittadina che vive a pochi passi dall’ex caserma “Pozzuolo del Friuli”, che racconta come “parlando con altri residenti della zona ho scoperto che molti non erano nemmeno a conoscenza di questo progetto, vicino a palazzo Schifanoia. La consapevolezza su quello che si voleva costruire, vicino a palazzo Schifanoia, è stata graduale ed è stata data dal dialogo, che è fondamentale”.

    Gli fa eco Antonio Raimondi, sottolineando il “merito del gruppo, di aver creato un processo molto bello, di presa di coscienza e consapevolezza del ruolo dei cittadini. Un gruppo che si è allargato sempre di più e ha coinvolto sempre più persone. Forse anche per questo il Consiglio comunale ha avuto quest’apertura nei confronti delle proposte dei cittadini”.

     

    Che strumenti di democrazia partecipativa sono disponibili?

    Premessa

    Si parla di democrazia partecipativa quando le decisioni pubbliche vengono prese da chi governa sulla base di processi di partecipazione dei cittadini che hanno la possibilità di esprimere le proprie ragioni su un determinato argomento. Se ne parla soprattutto da quando (anni’80 del XX secolo) emerse chiaramente la crisi delle democrazie rappresentative, con l’aumento dell’assenteismo, della sfiducia nelle istituzioni, dei movimenti/partiti populisti o personali. Una reale democrazia partecipativa comporterebbe anche la formazione di scelte collettive e implica un trasferimento di quote di potere dai governanti ai cittadini; cosa che, finché gli strumenti di democrazia partecipativa sono calati dall’alto, molto difficilmente si realizza. Il contributo partecipativo dei cittadini/elettori richiesto da chi governa si riduce per lo più al consenso/dissenso per il proprio operato. La base di una democrazia partecipativa che parte dal basso è una cittadinanza attiva e informata. Questa è normalmente in contrasto con la domanda, di questi tempi generalizzata, di un leader che fa promesse salvifiche. Domanda che cresce con l’allontanamento della gente dalla politica e dalle istituzioni e che fa inevitabilmente crescere la personalizzazione dei partiti politici, focalizzata su figure dotate di attrazione e comunicazione personale a discapito dell’apporto attivo al bene comune da parte della collettività.

    Senza una cittadinanza attiva ed informata gli strumenti di democrazia partecipativa “calati dall’alto” restano per lo più poco utili e inutilizzati.

    Che strumenti ci hanno concesso?

    Nelle diverse articolazioni tra democrazia rappresentativa, diretta, deliberativa e partecipativa nelle democrazie rappresentative tipiche i principali strumenti di democrazia diretta sono i referendum ( in Italia possono essere abrogativi, costituzionali o territoriali ). In alcuni stati, ma non in Italia, è prevista anche la revoca del mandato di un rappresentante eletto. In Italia è considerato strumento di democrazia diretta anche la proposta di legge di iniziativa popolare, quella che si può presentare raccogliendo le firme di 50.000 elettori. È uno strumento di democrazia diretta solo teoricamente, infatti nella prassi è uno strumento con un potere limitato dove non si garantisce ai presentatori l’esame parlamentare della loro proposta . Gli organi parlamentari, infatti, non hanno l’obbligo di pronunciarsi sulle proposte di iniziativa popolare e neanche esistono meccanismi che garantiscano forme significative di priorità procedurale. Quando poi viene eventualmente discussa saranno comunque i rappresentanti eletti a decidere se trasformarla in legge. Relativamente analoga la Proposta di Legge popolare che 5000 elettori possono presentare alla regione Emilia Romagna.
    Nella Unione Europea è prevista l’Iniziativa dei cittadini dove raccogliendo un milione di firme in almeno 7 stati della UE si può chiedere alla Commissione Europea di proporre nuovi atti legislativi. La prima presentata nel 2014: L’acqua è un bene comune, non una merce! ha portato ad una revisione della direttiva UE sull’acqua potabile, entrata in vigore il 12 gennaio 2021. Su 101 iniziative registrate 7 hanno avuto risposta dalla commissione e 2 ( entrambe su istanze “animaliste”) sono attualmente sotto esame.

    In Italia ai sensi dell’articolo 50 della Costituzione, ma era già previsto nello Statuto Albertino, tutti i cittadini possono rivolgere petizioni alla Camera dei Deputati o al Senato per chiedere provvedimenti legislativi o esporre comuni necessità. La procedura per presentare le petizioni è relativamente semplice, oggi è possibile anche con una semplice e-mail. Ad oggi in questa legislatura ne sono state presentate oltre 1400 ( tra Camera e Senato ). Le petizioni vengono assegnate alle Commissioni dove possono essere prese in considerazione o archiviate. Non è dato sapere in commissione quante ore, minuti o secondi di discussione vengano loro dedicati.

    Il decentramento legislativo e amministrativo delle regioni comporta poi che ogni regione possa regolare con apposita legge quali strumenti di democrazia diretta/deliberativa/partecipativi possono essere utilizzati.

    In Emilia Romagna abbiamo la legge regionale sulla partecipazione all’elaborazione delle politiche pubbliche del 2018.

    Gli strumenti previsti sono:
    Gruppo 1 – Strumenti qualitativi (o di democrazia deliberativa)
    Sondaggio deliberativo (15.69 KB)
    Consensus Conference (14.19 KB)
    Giuria dei cittadini (15.25 KB)
    Débat public (15.91 KB)
    Open Space Technology (OST) (14.55 KB)
    Focus group (15.85 KB)– Gruppo di discussione
    World Café (11.51 KB)– Café Seminar
    EASW – European Awareness Scenario Workshop (17.52 KB)
    Participatory Scenario Building Workshop (15.09 KB)
    Laboratori di discussione/progettazione urbanistica partecipata (Planning for Real (14.8 KB))
    Gruppo 2 – Strumenti quantitativi (o di democrazia diretta)
    Referendum (17.48 KB)(in generale, come regolato da statuti)
    Referendum deliberativo (referendum personalizzato, anche su base territoriale)
    Gruppo 3 – Strumenti quali-quantitavi (o di democrazia partecipativa/deliberativa)
    Assemblea dei Cittadini (17.26 KB)(Citizens’Assembly o Citizens’Hearing)
    Sondaggi
    Votazioni online
    Voting Conference (17.26 KB)
    Bilancio Partecipativo (16.47 KB)
    (Electronic) Town Meeting (15.68 KB)
    – Strumenti di Ricerca Scientifica Partecipativa per Valutazioni di Sostenibilità:
    Valutazione del Ciclo di Vita (17.57 KB)
    Analisi Costi Benefici (17.57 KB)
    Stima di Impatto Sociale (16.64 KB)
    Strumenti di valutazione d’impatto ambientale partecipativa
    Strumenti di indagine epidemiologica partecipativa

    Questi strumenti possono anche entrare in progetti finanziati dalla regione.

    All’esame dei progetti di partecipazione è preposto il Tecnico di Garanzia della Partecipazione che però non ha potere ostativo, ad esempio, nei riguardi di una amministrazione locale che all’interno di un percorso partecipativo non “ascolti” la cittadinanza.

    Negli enti locali è stato poi istituito il Garante della comunicazione e della partecipazione previsto all’art. 56 della l.r. n. 24/2017 e dalla delibera 1255 del 2018, ruolo che non viene introdotto per garantire un formale adempimento di pubblicità e mera comunicazione di documenti attraverso canali tradizionali o online. Il Garante deve avere un profilo specialistico che affianca gli uffici di Piano nella progettazione e avvio di veri e propri processi di partecipazione per permettere all’intera comunità, attraverso incontri estesi ai cittadini, alle imprese, al terzo settore, alle categorie economiche, ai professionisti, di confrontarsi e condividere le sfide della pianificazione generale del proprio territorio. Come figura di Garanzia per i cittadini dovrebbe, ma quasi mai avviene, non essere nominato tra dipendenti dell’ente pubblico. Per il PUG del Comune di Ferrara, è garante Silvia Mazzanti, contattabile all’indirizzo: garantepartecipazione@comune.fe.it.

    Il comune di Ferrara ha un Ufficio Relazioni con il Pubblico che di fatto è il primo punto di ascolto per reclami e segnalazioni dei cittadini. Ma molto più funzionale, visto che si possono consultare anche le segnalazioni/istanze presentate in passato da altri cittadini, è la piattaforma web FEDRO dove il singolo cittadino, una volta registratosi può fare segnalazioni o presentare istanze a cui normalmente viene data risposta.

    Da quando Ferrara ha aderito alla piattaforma FEDRO ( settembre 2015 ) sono state inviate 9012 segnalazioni e di queste 5587 sono state chiuse (perlopiù su buche e segnaletica stradale). Non sono poche le segnalazioni o reclami a cui il comune o i suoi tecnici hanno risposto semplicemente “non si può fare” chiudendo drasticamente la pratica. Nessuna possibilità di discutere l’opinione o le valutazioni del comune. Come tutti gli strumenti di partecipazione la sua efficacia dipende strettamente dalla disponibilità all’ascolto della voce dei cittadini da parte di chi li governa. A questo si aggiunge che la partecipazione non è comunque possibile se la cittadinanza non è neppure informata sull’esistenza di questi strumenti.

    Il regolamento per la disciplina delle forme della partecipazione popolare all’amministrazione locale del comune di Ferrara stabilisce che i soggetti privati singoli o associati possono chiedere al Comune di Ferrara l’attivazione di un percorso partecipativo su un tema di interesse collettivo.

    I soggetti privati singoli o associati possono progettare e gestire un percorso partecipativo nel rispetto delle normative regionali.

    Il regolamento e statuto comunale prevede poi come istituti di partecipazione popolare: istanze, petizioni, proposte di deliberazione consiliare, consultazioni popolari e referendum popolari.

    Le istanze, sottoscritte senza obbligo di autenticazione anche dal singolo cittadino, sono richieste che i cittadini possono rivolgere agli organi decisionali dell’Amministrazione comunale, per sollecitare l’intervento in una situazione concreta, specifica e particolare, di pubblico interesse, devono essere indirizzate al Sindaco e presentate all’Ufficio Protocollo Generale. Non sono dirette ad ottenere un provvedimento amministrativo.

    Le petizioni sono intese a sollecitare l’intervento dell’Amministrazione comunale per la migliore tutela di interessi collettivi o diffusi in materie determinate o per questioni specifiche e particolari .

    I promotori costituiscono la delegazione con la quale si terranno tutti i rapporti conseguenti alla presentazione della petizione e hanno l’onere di raccogliere le firme necessarie per l’ammissibilità della petizione. Si considerano promotori, di norma, i primi tre sottoscrittori. Devono essere sottoscritte da almeno 100 cittadini, indirizzate al Sindaco e depositate a cura dei promotori, mediante consegna oppure a mezzo del servizio postale, presso l’Ufficio Protocollo Generale che ne rilascia ricevuta .

    L’esame di ammissibilità della petizione è di competenza del Segretario Generale, che accerta il requisito del numero delle sottoscrizioni e la riferibilità della petizione alle funzioni del Comune.

    Sia i promotori della petizione sia il Consiglio (tramite la competente commissione consiliare) o la Giunta Comunale (tramite l’assessore competente) possono chiedere di fornire o avere chiarimenti e precisazioni. Ai fini istruttori, la commissione consiliare o l’assessore competente possono richiedere ulteriori pareri, valutazioni e proposte degli uffici e servizi comunali competenti in materia.

    Le proposte di deliberazione consiliare sono dirette a promuovere interventi dell’Amministrazione comunale in materia di interessi diffusi o collettivi di competenza comunale. Non sono ammesse proposte che che hanno per oggetto gli stessi oggetti esclusi dalla possibile richiesta di referendum, ed in particolare quelle incidano sugli strumenti urbanistici, sui relativi piani di attuazione e loro variazioni.

    Richiedono la raccolta di minimo 500 firme e devono essere formalizzate (in forma di proposta deliberativa) e depositate a cura dei promotori, mediante consegna oppure a mezzo del servizio postale, presso l’Ufficio Protocollo Generale che ne rilascia ricevuta.

    I promotori costituiscono la delegazione con la quale si terranno tutti i rapporti conseguenti alla presentazione della proposta di deliberazione e hanno l’onere di raccogliere le firme necessarie per l’ammissibilità della proposta. Si considerano promotori, di norma, i primi tre sottoscrittori.

    L’esame di ammissibilità della proposta è di competenza del Segretario Generale, che accerta il requisito del numero delle sottoscrizioni e la riferibilità della proposta di deliberazione alle funzioni del Comune.

    Se la proposta:

    • ha per oggetto l’adozione di un provvedimento di natura regolamentare, deve essere redatta in articoli
    • comporta nuove o maggiori spese a carico del bilancio comunale, devono essere indicati l’importo e i mezzi per farvi fronte

    La dichiarazione di presentazione della proposta deve espressamente indicare i nominativi e il recapito dei promotori.

    Per ogni sottoscrittore deve essere chiaramente riportato cognome, nome, luogo e data di nascita, residenza.

    Prima di raccogliere le firme, i promotori possono richiedere la collaborazione degli uffici e servizi comunali coinvolti nell’oggetto della proposta per una sua migliore formulazione tecnica e per una verifica della non manifesta illegittimità dell’atto. Gli uffici a tal fine assicurano l’accesso agli atti e ai documenti posseduti, nei limiti della normativa vigente in materia di accesso generalizzato. La Ragioneria comunale fornisce gli elementi utili per ciò che attiene al profilo finanziario e ai collegamenti con il bilancio comunale.

    Referendum popolari possono essere richiesti da almeno il 3% degli iscritti nelle liste elettorali del Comune (108.509 nel 2019).

    Con il referendum consultivo tutti gli elettori del Comune sono chiamati a pronunciarsi in merito a piani, programmi, interventi, progetti ed ogni altra iniziativa riguardante materie di esclusiva competenza dell’ente locale, per consentire agli organi comunali di assumere le determinazioni di competenza dopo aver verificato gli orientamenti della comunità.

    Il referendum abrogativo è ammesso per l’abrogazione totale o parziale di delibere di Consiglio e di Giunta del Comune di interesse generale della popolazione.

    Non possono formare oggetto di referendum:

    a) la revisione dello Statuto comunale e degli statuti delle Aziende Speciali;

    b) il regolamento del Consiglio comunale e del decentramento;

    c) gli atti di mero adempimento di leggi e regolamenti nazionali e regionali e di norme

    statutarie;

    d) l’ordinamento del personale del Comune, delle istituzioni e delle aziende speciali;

    e) il bilancio preventivo ed il conto consuntivo;

    f) i tributi locali e le tariffe dei servizi comunali;

    g) i provvedimenti relativi alla tutela e salvaguardia di minoranze etniche, religiose e di

    soggetti socialmente deboli,

    h) le materie già sottoposte a referendum, prima che siano trascorsi quattro anni.

    Il referendum abrogativo è escluso, oltre che nei casi indicati precedentemente, anche qualora gli atti sottoposti a detto referendum:

    a) incidano su situazioni concrete, relative a soggetti determinati, aventi natura patrimoniale o che riguardino servizi alla persona;

    b) non siano di esclusiva competenza comunale e per la loro formazione sia prevista o sia intervenuta la convergente volontà di altri enti locali, della Regione e dello Stato;

    c) incidano sugli strumenti urbanistici, sui relativi piani di attuazione e loro variazioni.

    d) riguardino gli atti di costituzione di società per azioni e società a responsabilità limitata.

     

    NON SONO PIOGGE ECCEZIONALI QUANDO SI RIPETONO ORMAI PRATICAMENTE OGNI ANNO

    NON SONO PIOGGE ECCEZIONALI QUANDO SI RIPETONO ORMAI PRATICAMENTE OGNI ANNO

    COME NELL’ALLAGAMENTO DI AGOSTO 2022, CHE SI VEDE NELLA FOTO, TRA L’11 ED IL 17 MAGGIO 2023, DI NUOVO MOLTE STRADE, CANTINE, TAVERNETTE, AUTORIMESSE DI FERRARA SONO STATE ALLAGATE. PER FERRARA NON È UNA NOVITÀ, NEGLI ANNI PASSATI CI SONO STATI ALTRI ALLAGAMENTI DOVUTI A PIOGGE INTENSE, MA MOLTI SEGNALI INDICANO CHE ORA SI RIPETERANNO PIÙ FREQUENTEMENTE E CHE, CONSIDERANDO I CAMBIAMENTI CLIMATICI IN ATTO, QUESTA SEQUENZA DI PERIODI DI SICCITÀ E PIOGGE INTENSE SI DEVE CONSIDERARE LA NORMALITÀ.

    COSA HA FATTO IL COMUNE PER RISOLVERE IL PROBLEMA? CI SONO STATE NEGLIGENZE NELLA MANUTENZIONE DELLA STRADA PUBBLICA, DEL SISTEMA IDRICO, DELLA RETE FOGNARIA PER CUI IL COMUNE O ALTRI ENTI SONO RESPONSABILI DEI DANNI SUBITI?

    MOLTI CITTADINI ORMAI RASSEGNATI HANNO INSTALLATO A LORO SPESE PARATIE E POMPE SOMMERSE, MA QUANDO SULLA STRADA SCORRE UN FIUME D’ACQUA VA CERCATA UNA SOLUZIONE SISTEMICA E COLLETTIVA AL PROBLEMA.

    COME COMITATO CALDIROLOLIBERA CI SIAMO INCONTRATI CON ALCUNI CITTADINI INDIGNATI PER L’ENNESIMO ALLAGAMENTO. DOPO LE INASCOLTATE SEGNALAZIONI E PROTESTE INDIVIDUALI SI DEVE ORGANIZZARE UNA AZIONE COLLETTIVA PERCHÉ IL COMUNE O GLI ENTI E AZIENDE RESPONSABILI DIANO RISPOSTE.

    PER FAR SENTIRE LA NOSTRA VOCE OCCORRE PRIMA DI TUTTO RACCOGLIERE LE SEGNALAZIONI DEGLI ALLAGAMENTI SUBITI.

    PER QUESTO SEGNALATE ALLA CASELLA MAIL

    caldirololibera@gmail.com

    OPPURE NEL GRUPPO FACEBOOK

    https://www.facebook.com/groups/caldirololibera

    LA VIA ED I NUMERI CIVICI SOGGETTI AD ALLAGAMENTI.

    Comitato CaldiroloLibera

    PIOVE GOVERNO LADRO, OVVERO: NON SONO ALLAGAMENTI ECCEZIONALI QUANDO SI RIPETONO ORMAI PRATICAMENTE OGNI ANNO

    Nella prima metà di maggio anche a Ferrara è piovuto. Molti se ne saranno accorti.

    Molte aree di Ferrara si sono allagate. Al parco Bassani, per agevolare il concerto del 18 maggio, sono arrivati 150 uomini della protezione civile con idrovore ( che evidentemente non servivano in Romagna o in altre aree allagate del Ferrarese, sic! ).

    Ai cittadini di Ferrara con abitazioni, cantine, autorimesse allagate, che la chiamavano, la protezione civile ha offerto dei sacchi di sabbia.

    Si ha l’impressione che da parte dei cittadini ci sia una sorta di rassegnazione che sconfina nel fatalismo, considerando questi allagamenti ineluttabili. Questo anche perché le istituzioni, enti locali, agenzie, società in varia misura responsabili della sicurezza idraulica quasi sempre, se chiamati in causa, come difesa adottano l’argomento dell’ “eccezionalità dell’evento”: “ha piovuto in 3 giorni come in 6 mesi”, “mai vista tanta acqua ” ecc. ecc. Bhe! sono giustificazioni inconsistenti. Gli allagamenti a Ferrara ci sono da un bel po’ e la loro frequenza non è così bassa da doverli considerare eventi imprevedibili e rari. Anzi! Tutto fa pensare che saranno sempre più frequenti se non si prendono provvedimenti.

    Ma chi deve prendere o avrebbe dovuto prendere provvedimenti? Su questo argomento, chi ha avuto l’esperienza di segnalare degli allagamenti alle istituzioni, ha sperimentato che la tipica difesa è lo “scaricabarile”: è competenza dello stato, della regione, della provincia, dell’autorità di bacino, del comune, dell’Hera, del consorzio di bonifica, della protezione civile ecc. Sempre un problema di qualcun altro; meglio poi se è un avversario politico. Insomma difficile che qualcuno ammettesse che la grana era sua e che forse qualcosa di sbagliato nella pianificazione del territorio e urbanizzazione, corrente e/o degli anni passati, c’è stato.

    Abbiamo norme e direttive per limitare il consumo di suolo e per la sicurezza idraulica; in ogni progetto edilizio c’è o dovrebbe esserci un calcolo della rete fognaria per garantire l’invarianza idraulica; abbiamo ben definite procedure di gestione e manutenzione della rete dei canali di scolo e delle fognature; concludendo sulla carta o nelle intenzioni dovremmo essere a posto. Allora perché il tutto alla prima pioggia abbondante non funziona più, le strade si trasformano in fiumi e le cantine in cisterne? Molti cittadini ormai rassegnati hanno installato a loro spese paratie e pompe sommerse, ma quando sulla strada scorre un fiume d’acqua va cercata una soluzione sistemica e collettiva al problema.

    Come nell’allagamento di agosto 2022, che si vede nella foto, dall’11 al 18 maggio, nonostante gli impegni/promesse della politica e le tante pompe e paratie installate dai privati, di nuovo molte strade, abitazioni, cantine, tavernette, autorimesse di Ferrara sono state allagate.

    Come comitato CaldiroloLibera ci siamo incontrati con alcuni cittadini indignati per l’ennesimo allagamento. Dopo le inascoltate segnalazioni e proteste individuali si deve organizzare una azione collettiva perché il comune o gli enti e aziende responsabili diano risposte. Non sappiamo se tutto questo sia dovuto a differenziali di altitudine e avvallamenti del terreno, alla impermeabilizzazione del suolo, alla natura del sottosuolo, alla soggiacenza della falda, all’inadeguato calcolo delle fogne o al loro cattivo funzionamento e manutenzione, alla portata della rete dei canali di scolo, all’assenza di aree o bacini di laminazione. Fatto sta che queste intense piogge, per di più alternate a periodi di siccità, sono ormai la normalità e qualcosa si deve fare per limitarne i danni.

    Promuoviamo una azione collettiva nei confronti del Comune.

    Vogliamo sapere cosa è stato fatto e cosa si pensa di fare per impedire che questi danni si ripetano.

    Se poi ci sono state negligenze nella programmazione e gestione di questo problema, è ora che i responsabili paghino.

    L’INSOSTENIBILE MOBILITÀ DI FERRARA – Incidentalità

    I probabili fattori per cui la mobilità di Ferrara è insostenibile nonostante il Piano Urbano della Mobilità Sostenibile ( in breve PUMS) si possono riassumere così:

    1-Il PUMS è stato approvato dalla attuale giunta con il palese intento di non attuarlo.

    2-Ferrara resta una città agli ultimi posti come qualità dell’aria

    3-Ferrara resta una città agli ultimi posti come sicurezza stradale, calcolata come incidentalità con lesioni e morti.

    4-i livelli di congestione del traffico sono analoghi a quelli di città molto più popolose.

    Qui affronterei il problema dell’incidentalità stradale.

    La frequenza e gravità degli incidenti stradali sono un indicatore significativo del fatto che la mobilità a Ferrara,in città o in provincia, ha un problema. Visto che tutti gli incidenti stradali con rilievi o verbali delle forze dell’ordine sono registrati a fini statistici si possono fare considerazioni partendo dai numeri.

    Da notare che il numero molto più grande di microincidenti, incidenti che non producono danni alle persone o incidenti che non vengono segnalati non si può stimare, ma ragionevolmente lo si può assumere come proporzionale agli incidenti con lesioni.

    Le statistiche pubblicate dal comune sono vecchie ma grazie all’ISTAT qualche dato più recente è disponibile al pubblico.

    Ferrara è all’ultimo posto in Regione come indice di mortalità e gravità.

    Essere la provincia peggiore in una regione tra le peggiori non fa ben sperare, infatti per mortalità a livello nazionale la provincia di Ferrara si piazza al 103° posto su 107° nella graduatoria fatta dal Sole24ore ricavata dai dati Istat. I fattori, oltre al caso (fatalità), che influenzano questi dati sono molti:

    • Cattiva manutenzione delle strade
    • Cattiva progettazione della viabilità
    • Segnaletica stradale errata o ambigua
    •  Cattiva conoscenza o non rispetto del Codice della Strada / Scarsa vigilanza
    • Distrazione alla guida
    • Traffico congestionato, ecc. ecc..

    I dati sull’incidentalità nell’area urbana sono influenzati molto anche dalla frequenza di incidenti che coinvolgono pedoni, ciclisti o motociclisti.

    Questo è dovuto alla vulnerabilità di chi è sulla strada a piedi o su un veicolo a due ruote ( adesso ci sono anche i monopattini ).

    Da notare che questa vulnerabiltà si contrappone alla sensazione di invulnerabilità di chi è sulla strada protetto da un guscio/corazza di acciaio. Sospetto che psicologicamente questa percezione di invulnerabilità dell’automobilista sia il catalizzatore di tanti comportamenti temerari o aggressivi alla guida di una auto e potrebbe essere anche un rinforzo ad una diffusa ostilità ed intolleranza degli automobilisti verso pedoni e ciclisti.

    Non so spiegarmi diversamente il comportamento di quegli automobilisti che non si fermano, anzi accelerano, quando vedono un pedone avvicinarsi ad un attraversamento pedonale.

    Una corretta programmazione e progettazione della viabilità può comunque ridurre il rischio di incidenti indipendentemente dai comportamenti scorretti di automobilisti, ciclisti o pedoni. Anche se l’obiettivo del PUMS : “privilegiare … promuovere la mobilità ciclopedonale” sembra sempre più un proclama a fini elettorali, chi governa la città può passo passo rimediare alle criticità più gravi.

    Purtroppo le statistiche del comune non sono facilmente fruibili, o non sono aggiornate, o non sono disponibili al pubblico . Comunque ho trovatola mappa interattiva qui sotto che riporta le strada di Ferrara a più alta incidentalità (in azzurro).

    Chi programma e progetta la viabilità urbana tende a rilevare quali sono le maggiori criticità ed a cercare di porci rimedio dalle statistiche sull’incidentalità. Purtroppo negli ultimi anni non ho visto molte azioni efficaci e provvedimenti atti a ridurre l’incidentalità a Ferrara. Neppure la richiesta di introdurre limiti di velocità più bassi (30 Km/h) ha avuto ascolto, per poi deliberare l’installazione di qualche autovelox nei punti dove c’è scappato il morto.

    Visto che il cittadino invece sperimenta tutti i giorni quali sono le criticità stradali, in sostanza le strade e gli attraversamenti più pericolosi, allora tocca al cittadino alzare la voce prima segnalando il problema attraverso i canali esistenti, poi se non fanno nulla con l’azione diretta.

    A proposito di canali per segnalare alle istituzioni criticità, errori, problemi, ecc.. a Ferrara abbiamo la piattaforma Fedro . Con lo slogan “contribuisci con un click alla cura della tua città” si può aprire una sorta di dialogo tra cittadino e istituzioni. Sarebbe uno strumento di partecipazione della cittadinanza che se al momento non sembra particolarmente efficace è forse perchè solo pochi lo conoscono e lo utilizzano.

    Da LECCEPRIMA: Piano urbanistico, il sindaco: “Il consenso serve per fare scelte difficili”

    IL PRECEDENTE È DEL 1983

    Nell’ex chiesa degli Agostiniani è stato aperto l’Urban Center dove i cittadini possono consultare i materiali per la redazione del Pug. Subito prima l’assemblea pubblica con la sintesi della consultazione della cittadinanza

    Da sinistra l’assessora Miglietta, il sindaco Salvemini e una rappresentante di un’associazione universitaria.
    LECCE – Il Piano urbanistico generale non è un serbatoio di voti: lo ha detto il sindaco di Lecce, Carlo Salvemini, chiudendo l’incontro pubblico di sintesi di tutto il processo partecipativo avviato per la redazione dello strumento di pianificazione per eccellenza, quello che disegna le traiettorie di sviluppo e trasformazione delle città per i decenni a venire.

    Ci sono stati sette incontri, organizzati per aree tematiche, nei quali hanno preso la parola oltre 100 cittadini in rappresentanza di associazioni, di gruppi informali o anche solo di sé stessi. Sono stati raccolti più di 300 questionari e recepite 170 proposte, in formato cartaceo e online. Si poteva fare di più e meglio? Forse sì, ha detto la presidente della commissione Urbanistica, Paolo Povero, rivendicando la scelta dell’amministrazione di intraprendere un percorso diverso da quello delle precedenti esperienze di governo cittadino nelle quali – ha detto assumendosene la responsabilità – “l’urbanistica era legata più a interessi personali che all’interesse della città”.

    Le attività preliminari alla redazione del Pug sono iniziate nel 2021 con l’istituzione dell’Ufficio di Piano. Il coordinamento di tutta l’operazione è affidato all’assessora Rita Miglietta. L’approvazione del Pug rappresenta un obiettivo di mandato per l’amministrazione, così come lo era il Piano comunale delle coste, definitivamente approvato nel luglio scorso. Non è stato un percorso facile, quello, e lo sarà ancor meno quello per il Pug: le critiche, le pressioni, le resistenze saranno ancora più forti e diffuse di quelle opposte, ad esempio, dai titolari degli stabilimenti balneari che hanno fatto ricorso alla giustizia amministrativa.

    Scrivere e approvare un Pug significa avere una priorità di interessi, dare forma ad alcune esigenze secondo una scala di valori che, inevitabilmente, non può accontentare le aspettative di tutti. Si tratta, insomma, e si è sempre trattato di un percorso in salita, pieno di insidie, di trappole e anche di fuoco amico. Non è un caso se l’adozione del precendete piano (allora si chiamava Piano regolatore generale) risale al 1983 (e l’approvazione addirittura al 1989). Ecco perché Salvemini ha aggiunto: “Qualsiasi consulente per la campagna elettorale mi direbbe di lasciare stare. Io penso che il consenso che viene dall’essere eletto serva per prendere scelte difficili, ecco perché abbiamo chiesto e chiediamo il voto, non per metterci a sedere e dire lo faranno dopo di noi, ma per assumerci la responsabilità di farlo assieme a voi, tutti, a chi mi ha votato e a chi non mi ha votato perché questo è il piano della città di Lecce, la città per tutti”.

    Al termine dell’incontro, che si è svolto alle Officine Cantelmo, c’è stato il trasferimento al vicino complesso degli Agostiniani dove è stato inaugurato l’Urban Center. Di cosa si tratta? Di uno spazio dove i cittadini possono consultare le mappe e i materiali che illustrano le strategie per il futuro della città, leggere le istanze emerse nel corso della consultazione pubblica, scaricare e consultare i report delle giornate tematiche e, grazie ai codici qr, interagire con il sito tematico che è stato già molto frequentato durante il percorso di partecipazione.

     

     

    “Ringrazio tutti i cittadini che hanno partecipato, ringrazio la Commissione urbanistica e la presidente Povero per aver proposto l’apertura dell’Urban Center, un nuovo spazio di partecipazione della città, e ringrazio tutti coloro che hanno contribuito alla sua apertura – ha dichiarato l’assessora Rita Miglietta –. Con la consultazione pubblica sul Piano urbanistico generale, che ha dato voce e parola ai cittadini, abbiamo dato sostanza alla nostra idea di urbanistica. Un campo dell’amministrazione che non riguarda solo i tecnici o gli uffici, ma la vita di tutti. Ora il lavoro prosegue, la discussione consiliare è già cominciata in commissione. Quando il piano sarà adottato dal Consiglio comunale si aprirà, con la pubblicazione di tutti gli elaborati, una ulteriore fase di partecipazione tramite le osservazioni, a cui seguiranno le controdeduzioni e l’approvazione finale. È un percorso ancora lungo, ma stiamo lavorando per raggiungere e superare tutte le tappe che ci porteranno a questo grande obiettivo che la città tutta si è data”.

    RIPRENDIAMOCI IL COMUNE

    La campagna “ Riprendiamoci il Comune” atterra a Ferrara!
    Due proposte di legge di iniziativa popolare per riformare la finanza locale e rendere
    pubblica Cassa Depositi e Prestiti.
    Due proposte di legge per dare piena attuazione alla funzione pubblica e sociale degli Enti
    locali in quanto garanti della democrazia di prossimità e dei diritti fondamentali delle
    comunità, per fare di Cassa Depositi e Prestiti il modello pubblico e sociale di utilizzo del
    risparmio come sostegno finanziario agli investimenti degli Enti locali e alla conversione
    ecologica e sociale dell’economia territoriale.
    Questa campagna nazionale coincide con gli obiettivi principali del Forum: la partecipazione
    diretta delle persone alle decisioni sulle scelte di trasformazione della città e un progetto di
    recupero della caserma che sia di pubblica utilità e ambientalmente sostenibile.
    Vengono infatti proposte due disegni di legge per dare strumenti ai Comuni per garantire un
    ruolo pubblico e sociale e contrastare i vincoli che impediscono di di svolgere questo ruolo
    alienando ai privati i beni pubblici.
    La Rete Giustizia Climatica di Ferrara e il Forum Ferrara Partecipata
    hanno aderito alla campagna e a maggio organizzano diversi appuntamenti per la
    raccolta delle firme e la divulgazione della campagna:
    -sabato 13 maggio al Parco Urbano (manifestazione Save the Park) dalle 16.30 e al centro
    sociale La Resistenza (Resifest) dalle 15 alle 18.
    -domenica 14, sabato 20 e 27 maggio in piazza Trento Trieste (vicino al McDonald)
    mattina e pomeriggio.
    Altri appuntamenti sono in pista di lancio, vi faremo sapere al più presto!

    La campagna ‘Riprendiamoci il Comune’ fa tappa a Ferrara

    La Rete Giustizia Climatica Ferrara e il Forum Ferrara Partecipata hanno aderito alla raccolta firme per due proposte di legge di iniziativa popolare per riformare la finanza locale e rendere pubblica Cassa Depositi e Prestiti

    Due proposte di legge per dare piena attuazione alla funzione pubblica e sociale degli Enti locali in quanto garanti della democrazia di prossimità e dei diritti fondamentali delle comunità, per fare di Cdp il modello pubblico e sociale di utilizzo del risparmio come sostegno finanziario agli investimenti degli Enti locali e alla conversione ecologica e sociale dell’economia territoriale.

    La campagna è attiva a livello nazionale da questa primavera e si concluderà con l’arrivo dell’estate.

    La Rete Giustizia Climatica Ferrara e il Forum Ferrara Partecipata hanno aderito alla campagna e a maggio organizzano diversi appuntamenti per la raccolta delle firme e la divulgazione della campagna:

    sabato 13 maggio al Parco Urbano (manifestazione Save the Park) dalle 16.30, inoltre al centro sociale La Resistenza (Resifest) dalle 15 alle 18.
    domenica 14, sabato 20 e 27 maggio in piazza Trento Trieste (vicino al McDonald) mattina e pomeriggio, meteo permettendo.

    L’INSOSTENIBILE MOBILITÀ DI FERRARA – Il PUMS

    Che a Ferrara ci sia un problema di mobilità è evidente a tutti. La prima cosa che nota chi viene da fuori è che Ferrara o meglio il suo nucleo urbano, pur essendo una città relativamente piccola con una bassa densità abitativa ha problemi di congestione stradale pari a quelli di città anche 5 volte più grandi. Insomma per chiarire il concetto, in auto per attraversarla, per andare da A a B , ecc. ecc. ci metti lo stesso tempo che ci metteresti in città molto più grandi. La causa apparentemente non è solo il fatto che il flusso del traffico supera la capacità delle strade; problema tipico in tanti centri storici Italiani, facilmente risolvibile, come fanno tutti, semplicemente limitando il traffico nei centri storici .

    In centro a Ferrara le ZTL ci sono. Anche se non mi sembra che siano sufficientemente monitorate, i maggiori problemi di congestione stradale non sono nel centro storico. ma nelle strade periferiche, specialmente nei tratti di accesso e uscita dalla città.

    Parlandone in giro mi sono state suggerite molte possibili cause del problema:

    1- i ferraresi, per qualche strana ragione genetica, non sanno guidare

    2- chi disegna/progetta la viabilità urbana di Ferrara non è mai stato a Ferrara e per i suoi spostamenti abituali usa il cavallo

    3- troppi ferraresi amano gli sport estremi e non c’è niente di più adrenalinico e pericoloso che girare in bicicletta a Ferrara, ma purtroppo, le biciclette intralciano il traffico automobilistico

    4- per risistemare una strada dove in tutto il mondo ci vogliono poche settimane, in Corea del sud pochi giorni, a Ferrara ci vogliono molti mesi ( via darsena e non solo docet )

    5- le rotonde a Ferrara, nonostante i vari ritocchi, più volte abbiamo visto rotonde appena realizzate modificate successivamente per risolvere qualche problema che non era stato previsto, anziché fluidificare il traffico lo rallentano (ma questo punto potrebbe essere una semplice conseguenza dei punti 1 e 2).

    Non fidandomi di questi suggerimenti un po’ capziosi ho cercato qualche informazione in più sulla mobilità a Ferrara. Ho scoperto che Ferrara ha un PUMS, un piano urbano per la mobilità sostenibile , che fino a qualche anno fa era anche monitorato e che, sempre di qualche anno fa, c’è una pagina web del comune sul problema della sicurezza stradale. Inoltre ci sarebbe anche un gruppo facebook: PUMS di comunità -Ferrara, per quanto ne so, non gestito dal comune.

    Una “rapida” lettura delle oltre 230 pagine del PUMS rivela quanto buone fossero le intenzioni e progetti di chi l’ha redatto e approvato.

    Ma in politica, come ben si sa, tra il dire ed il fare ci sono di mezzo le elezioni.

    Il PUMS del Comune di Ferrara è articolato in tre sovra-obiettivi fondamentali, recepiti da scelte sovraordinate e da politiche comunitarie e nazionali, che prevedono rispettivamente:

    * riduzione del 20% dei flussi di traffico all’interno del Centro Abitato (calcolato rispetto al 2014), in coerenza con quanto previsto dal PAIR 2020 della Regione Emilia-Romagna;

    * riduzione delle emissioni di gas serra di almeno il 40% entro il 2030 e raggiungimento dei livelli minimi entro il 2050, coerentemente con quanto previsto l’Accordo di Parigi COP21;

    * riduzione significativa dell’incidentalità stradale (50%) entro il 2030.

    Molti degli obiettivi imprescindibili e delle strategie su cui è basata la redazione del PUMS di Ferrara, a tre anni dalla sula approvazione, sembrano essere lettera morta.

    • rinnovo/potenziamento del parco autobus e filobus regionale a basso impatto ambientale;

    • miglioramento dell’attrattività del Trasporto pubblico locale (TPL) anche attraverso l’incremento delle corsie preferenziali e la fluidificazione del traffico;

    • potenziamento dello spostamento in bici, delle piste ciclo-pedonali in ambito urbano, degli appositi servizi di deposito e noleggio bici e promozione dei percorsi sicuri casa scuola/casa lavoro;

    • riqualificazione delle fermate del TPL anche nei punti di interscambio modale ferro-gomma-bici per consentire il superamento delle barriere architettoniche e migliorarne l’accessibilità;

    • sviluppo dell’intermodalità articolata sulle stazioni ferroviarie ad integrazione e complementarietà delle altre forme di spostamento (TPL, bike sharing, Mi muovo in bici, car sharing, car pooling, parcheggi di interscambio, ciclabilità);

    • controllo dell’accesso e della sosta nelle aree urbane con aumento delle zone 30, aree pedonali e delle ZTL;

    • rinnovo del parco veicolare privato con applicazione delle limitazioni alla circolazione dei veicoli privati nei centri abitati disposte dal PAIR 2020;

    • promozione dei mezzi a basso impatto ambientale, facilitandone l’accesso e la sosta nelle ZTL e promuovendo l’eco-driving anche con il supporto dell’ITS;

    • sviluppo dell’infomobilità, dell’ITS e delle apparecchiature tecnologiche pubbliche e private di informazione e comunicazione all’utenza;

    • sicurezza stradale, interventi derivanti dai Piani della Sicurezza Stradale Urbana, o dall’individuazione dei “tronchi neri” o “punti neri”;

    • logistica delle merci urbane con promozione dei veicoli meno inquinanti.

    Non che non si sia fatto nulla, ma tanto per dirne una, ho la netta impressione che in quella che era la “città delle biciclette” in realtà sempre meno biciclette si avventurino nelle pericolose strade di Ferrara.

    Sulla base delle criticità rilevate dall’analisi dello stato della mobilità ferrarese prima della redazione del PUMS, ci si era dati degli obiettivi al fine di promuovere la mobilità ciclistica in tutto il territorio del Comune di Ferrara e di garantire la sicurezza reale e percepita degli utenti:

    • incrementare almeno fino al 30% la quota modale su bicicletta per gli spostamenti intra-comunali che interessano il Comune di Ferrara;

    • estensione delle piste ciclabili su tutto il territorio comunale pari a 1,5 metri/abitante, in coerenza con quanto disposto dal PAIR;

    • azzeramento del numero di morti tra i ciclisti, in coerenza con quanto previsto dal PNSS e dalle principali politiche comunitarie in materia.

    Come già detto “tra il dire ed il fare”, su questo argomento, c’è di mezzo qualcosa che blocca tutto. Quasi sempre il percorsi ciclabili non sono né protetti né esclusivi. Senza considerare strade con flussi di traffico importanti ( vedi via Ravenna, via Caldirolo ecc.. ) in alcuni tratti senza né marciapiede né ciclabile. Davanti alle scuole, anche secondarie, dove fino a qualche hanno fa c’era la fila di ciclisti, adesso si formano code impressionanti di auto . D’altra parte , con la mortalità stradale di Ferrara ( tra le più alte in Italia ), si capisce che molti genitori non si fidino di mandare i loro figli a scuola in bicicletta, nonostante il PUMS considerasse che “intervenire sulla mobilità casa-scuola significa quindi non solo intervenire su una componente rilevante del traffico, ma progettare il modo di muoversi – e di vivere – delle generazioni future”. Siamo ben lontani dall’obiettivo di ridurre i flussi di automobili sia di transito sia per accedere all’ingresso/uscita dei poli scolastici.

    Vedendo come sono datati i documenti pubblicati dal Comune viene spontaneo pensare che con i cambiamenti politici tra chi amministra la città negli ultimi anni, su molti progetti non sia stata garantita la continuità. Sempre ammesso che quando furono redatti non fossero solo bei progetti sulla carta redatti con la precisa intenzione di non realizzarli. Gli ultimi dati sull’inquinamento atmosferico, sulla incidentalità e mortalità sulle strade di Ferrara la mettono tra le ultime posizioni non solo confrontata con altri capoluoghi della regione, ma anche a livello nazionale ed europeo. Questo stupisce, considerando che Ferrara è una delle migliori città per il rapporto aree verdi per abitante e che fino a qualche anno fa 1/3 della popolazione utilizzava la bicicletta per gli spostamenti sistematici casa-scuola e casa-lavoro.

    Tra gli obiettivi del PUMS di Ferrara c’era “privilegiare … promuovere la mobilità ciclopedonale” ma in una città che si è autoproclamata città delle biciclette, in realtà io vedo sempre più auto e spesso a velocità assurde o in aree dove non dovrebbero esserci e sempre meno biciclette.

     

     

    Incontri a Factory Grisù: riflessioni e proposte per la città futura

    FORUM FERRARA PARTECIPATA

    INCONTRI SULLA CITTÀ RIFLESSIONI E PROPOSTE PER LA CITTÀ FUTURA
    Ciclo di incontri pubblici organizzati dall’Università di Ferrara, Dipartimento di Architettura_CITERlab e LSFD e dal Forum Ferrara Partecipata
    Gli incontri proposti tratteranno temi generali importanti per il futuro delle città che si possono riscontrare sia nell’Agenda 2030 dell’ONU (Obiettivo 11) che in numerose esperienze che si stanno compiendo non solo in Italia. Tali incontri riguardano la rigenerazione e il consumo di suolo, la natura, il verde urbano e gli spazi pubblici, la mobilità, il diritto alla casa, la salute urbana, la partecipazione dei cittadini. Tali temi saranno trattati da ricercatori e esperti di diverse università italiane e da esperti di settore.

    Programma:
    VENERDI’ 10/03 ore 17, Factory Grisù, via Poledrelli 21
    RIGENERAZIONE URBANA E CONSUMO DI SUOLO: PRATICHE NON RETORICHE
    Romeo Farinella (architetto-urbanista, Dipartimento di Architettura-UNIFE) e Gabriele Bollini (urbanista, valutatore ambientale, Dipartimento di Ingegneria-UNIMORE) ne parlano con Francesca Cigala Fulgosi (Forum Ferrara Partecipata)Forum Ferrara Partecipata

    LUNEDÌ 27/03
    NATURE URBANE E SPAZI PUBBLICI
    17:00, c/o Sala Sinodale della Parrocchia di San Giacomo Apostolo, Via Arginone, 161
    ne parlano: Romeo Farinella, architetto-urbanista, Dipartimento di Architettura, Università di Ferrara;
    Anna Lambertini, architetto del paesaggio, Dipartimento di Architettura, Università di Firenze; con:
    Giovanna Foddis, Forum Ferrara Partecipata

    MERCOLEDÌ 19/04
    ABITARE SANO: MOBILITÀ, SALUTE URBANA E DIRITTO ALLA CASA
    17:00, c/o Sala Sinodale della Parrocchia di San Giacomo Apostolo, Via Arginone, 161
    ne parlano: Elena Dorato, architetto-urbanista, Dipartimento di Architettura, Università di Ferrara
    Diego Carrara, economista e esperto di politiche della casa
    con: Andrea Ubiali, Forum Ferrara Partecipata

    MERCOLEDÌ 10/05
    DI CHI È LA CITTÀ? PROCESSI PARTECIPATIVI E RIGENERAZIONE URBANA
    17:00, c/o Factory Grisù, Via Mario Poledrelli, 21
    ne parlano: Carlo Cellamare urbanista, DICEA, Università La Sapienza di Roma,
    Alfredo Alietti sociologo urbano, Dipartimento di studi Umanistici, Università di Ferrara
    con: Dalia Bighinati, Forum Ferrara Partecipata.

    forumferrarapartecipata@gmail.com https://ferrarapartecipata.it

    “Di chi è la città”, ultimo incontro del Forum Ferrara Partecipata

    Si conclude mercoledì 10 maggio il calendario di incontri pubblici organizzati dal Laboratorio di ricerca Citerlab e dal Laboratorio didattico Lsfd del dipartimento di Architettura dell’Università di Ferrara
    “Di chi è la città” è il tema suggestivo che si dibatte alla Factory Grisù mercoledì 10 maggio, dalle ore 17.

    Si conclude in questo modo il calendario di incontri pubblici organizzati dal Laboratorio di ricerca Citerlab e dal Laboratorio didattico Lsfd del dipartimento di Architettura dell’Università di Ferrara, insieme al Forum Ferrara Partecipata.

    L’argomento non è per niente provocatorio, ma conduce direttamente all’origine del vivace movimento cittadino che si è opposto a Fe.Ris, il progetto urbanistico dal percorso politico-amministrativo opaco e per nulla partecipato. “Le amministrazioni locali – spiegano gli organizzatori – non amano né condividere né accogliere né aprirsi quando si tratta di processi trasformativi del territorio. Anche la storia degli ultimi decenni di Ferrara dimostra l’assunto, fino ai giorni nostri”.

    L’intenzione del Forum Ferrara Partecipata è dunque di coinvolgere i cittadini nelle scelte che riguardano la città, avviando un percorso di cittadinanza attiva. I relatori dell’incontro sono: l’urbanista Carlo Cellamare, Dicea, Università La Sapienza di Roma e Alfredo Alietti sociologo urbano, Dipartimento di studi Umanistici, Università di Ferrara. Modera i lavori Dalia Bighinati, Forum Ferrara Partecipata.

    DI CHI È LA CITTÀ? 10 maggio, Ferrara, Factory Grisu’

    DI CHI È LA CITTÀ, PROCESSI PARTECIPATIVI E RIGENERAZIONE URBANA è il titolo dell’incontro sui temi della rigenerazione urbana che si svolgerà mercoledì 10 maggio a Factory Grisù , alle ore 17:00.

    Si conclude, con questo ultimo appuntamento, la serie di quattro  incontri sul futuro della città promossi dal Forum Ferrara Partecipata in collaborazione con il Dipartimento di Architettura Unife. All’incontro, coordinato da  Dalia Bighinati del Forum Ferrara Partecipata, interverranno gli urbanisti Carlo Cellamare urbanista, DICEA, Università La Sapienza di Roma, Alfredo Alietti sociologo urbano, Dipartimento di studi Umanistici, Università di Ferrara.

    A loro verrà posta la domanda su chi  ha diritto a decidere del futuro delle città, per capire quali spazi decisionali ci siano, accanto alle Istituzioni di governo della città,  per le cittadine e i cittadini di ogni estrazione sociale, età, cultura, ideologia, interessi economici e professione.

    Quali possibilità la cittadinanza abbia, in sintesi, di essere ascoltata e di contare effettivamente sui progetti di rigenerazione urbana,  perchè la Ferrara del futuro si realizzi sulla base di una visione il più possibile condivisa e non calata dall’alto.

    Verbale dell’assemblea del forum Ferrara partecipata del 5 aprile 2023

    Mercoledì 5 aprile abbiamo tenuto l’assemblea del Forum. Abbiamo svolto una discussione importante, che ci permette di passare dalla mobilitazione, con il riuscito contrasto al progetto Feris, al progetto, due dimensioni il cui intreccio costituisce la vocazione originaria del Forum.

    1) Abbiamo vinto! Per quanto tutte le forze politiche si attribuiscano la vittoria, la disgregazione del blocco sociale che sorregge la Giunta, resa evidente dalla “diserzione” di tre consiglieri, recuperata solo con un cedimento totale (la rinuncia al progetto Feris), è stata consolidata dalla nostra continua iniziativa degli ultimi mesi. Dobbiamo festeggiare, anche perché l’accordo fra Comune e Arco scadrà automaticamente a fine giugno e pare difficile immaginare, dopo tutto quello che è successo, un suo rilancio.
    2) Per la prossima fase, di qui alle elezioni del 2024, se non dovessero proporsi nuove emergenze, ci concentreremo su tre linee di riflessione e azione, per le quali si formeranno altrettanti gruppi di studio e lavoro:
    gruppo1: vigilanza sul Feris, perché non rinasca il vecchio accordo e sull’eventuale Feris.2 che il Comune potrebbe ri-negoziare con Arco o altre imprese; continuazione della proposta di una rigenerazione dal basso e partecipata della caserma: presentare all’Amministrazione un libretto con le proposte raccolte come promemoria e sollecito per l’avvio di un processo partecipativo; raccolta delle firme per la campagna “Riprendiamoci il Comune!”, due disegni di legge di iniziativa popolare a favore dell’autonomia finanziaria dei Comuni, perché possano investire per i cittadini (https://riprendiamociilcomune.it/) (referenti iniziali: Cigala e Guidorzi)
    gruppo2: raccolta di idee e suggestioni e proposte per la “città futura”, a partire dall’analisi critica del prossimo PUG e da una campagna di informazione diffusa sul territorio sulla pianificazione urbanistica (ad es. a partire dai comitati di quartiere), con l’obiettivo di sollecitare la forze politiche a esprimersi su temi per noi centrali (consumo di suolo, mobilità sostenibile, emergenze climatiche, servizi pubblici, città sana, etc.) (referenti iniziali: Foddis e Nani)
    gruppo3: idee e proposte per una Ferrara partecipata, perché “democrazia” non sia solo una parola, al tempo della personalizzazione e mediatizzazione della politica, dell’astensione di massa e delle opportunità fornite dal web (referenti iniziali: Ghiglione e Oddi)
    Nei prossimi dieci giorni, quindi entro lunedì 17 aprile, raccogliamo le adesioni ai diversi gruppi di studio/lavoro mediante la compilazione di questo modulo online: https://forms.gle/g9GnkoqCnPBf7Pza8. L’obiettivo è lanciare prime riunioni dei gruppi di qui a due settimane.
    3) Una delegazione del Forum ha incontrato la Rettrice di UNIFe, prof.ssa Ramaciotti, con altri esponenti universitari. E’ stato fatto presente che l’Università, oltre che un luogo di dibattito, è anche agente attivo della trasformazione urbana, per l’afflusso di studenti e per la gestione di un ampio patrimonio immobiliare. Alle nostre sollecitazioni, l’Università si è detta disponibile a partecipare a un incontro pubblico nel quale presentare le iniziative programmate (studentato Ippodromo, scuola di Scienze Motorie al CUS, cantieri di via Savonarola, nuove sedi a Ingegneria), senza comportare consumo di suolo ulteriore.
    4) Proseguono gli Incontri sulla città organizzati dal Dipartimento di Architettura insieme al Forum. Il prossimo è previsto il 19 aprile presso la sala della parrocchia di Arginone; il 13 aprile invece, sempre in collaborazione con Architettura, si terrà Disegnare Ferrara, un laboratorio nel quale le ricerche progettuali degli studenti incontrano le idee e le esigenze dei cittadini
    Il Forum vive dell’autofinanziamento dei suoi sostenitori: chi non era in assemblea (ove sono stati raccolti oltre 300€) può versare il proprio contributo ai membri del coordinamento in occasione delle prossime iniziative.

    DI CHI È LA CITTÀ, PROCESSI PARTECIPATIVI E RIGENERAZIONE URBANA

    DI CHI È LA CITTÀ, PROCESSI PARTECIPATIVI E RIGENERAZIONE URBANA

    Mercoledì 10/05, ore 17:00, c/o Factory Grisù, Via Mario Poledrelli, 21

    ne parlano:
    Carlo Cellamare urbanista, DICEA, Università La Sapienza di Roma,
    Alfredo Alietti sociologo urbano, Dipartimento di studi Umanistici, Università di Ferrara
    con: Dalia Bighinati, Forum Ferrara Partecipata.

    OPERE DI PUBBLICA INUTILITÀ: OVVERO COME UNA CITTADINANZA PARTECIPATA PUÒ IMPEDIRLE.

    Il discorso è partito da quel piccolo inutile parcheggio che stanno realizzando in via del Melo.

    Nuovo inutile parcheggio in costruzione in via del Melo
    Nuovo inutile parcheggio
    Attuale parcheggio in via del Melo
    Attuale grande parcheggio
    BLU : parcheggio davanti all’asilo
    VERDE: parcheggio davanti al Centro Sociale
    ROSSO: nuovo inutile parcheggio

    Grazie ad un architetto esperto di norme,procedure e pratiche, in provincia e comune, abbiamo ricostruito il percorso che sta portando a realizzare un piccolo parcheggio, impermeabilizzando un area verde, adiacente ad un grande parcheggio quasi sempre praticamente vuoto, in una strada con moltissimi più posti auto che residenti, insomma un parcheggio di cui non si sentiva assolutamente il bisogno, a scapito di verde pubblico e soprattutto alberi.

    È evidente che contrariamente ai bei progetti ed alle belle parole, chi programma il futuro della città ha ancora in mente il modello auto-centrico di una città a misura d’auto e non d’uomo. Visto che l’attuale grande parcheggio 2 o 3 giorni all’anno può risultare pieno, hanno pensato “bene” di aggiungere una quindicina di posti auto con un nuovo parcheggio.

    Dopo che l’architetto ci ha parlato di accordi tra comune e privati, RUE, PUG, POC, PUA, PSC, PUMS, leggi regionali abbiamo capito che questa inutile opera urbanistica è stata realizzata nel rispetto delle norme e che se qualche cittadino avesse voluto far notare che quel nuovo parcheggio rappresenta un inutile consumo di suolo, non favorisce la mobilità sostenibile e che insomma non serve ad una cippa e si potevano fare cose molto migliori, avrebbe dovuto, entro 60 giorni da quando è stato pubblicato il bando, il POC, il PUA o qualche altro imperscrutabile acronimo, inviare le sue osservazioni o istanze o contestazioni. A queste istanze inviate nei tempi prescritti, gli amministratori devono rispondere positivamente o negativamente, per lo più attraverso i tecnici responsabili. Se l’istanza non viene inviata nei 60 giorni prescritti diventa una normale “lettera” agli ammministratori locali, una di quelle che, se si vuole ottenere qualcosa, tanto vale inviare “aperta” anche ai giornali. Quanti cittadini vanno a consultare tutti i bandi e atti del comune per vedere se ce ne è qualcuno dove dovrebbero opporsi? Che strumenti esistono per consentire alla cittadinanza una effettiva partecipazione alla programmazione urbana? Nelle città che hanno circoscrizioni e quartieri definiti da statuto, il comune comunica anticipatamente al consiglio di circoscrizione o di quartiere gli atti, ma a Ferrara dove questo decentramento amministrativo non esiste come è possibile informare e coinvolgere la cittadinanza prima che vengano prese decisioni che vanno contro i suoi interessi? Il problema che si pone allora è proprio quello della democrazia diretta/partecipativa e di come queste possano realizzarsi. In politica, quando si parla di cittadinanza partecipata questo concetto è solitamente ristretto a un problema di consenso o dissenso. Consenso/dissenso che nella democrazia partecipativa deve manifestarsi non solo il giorno delle elezioni. Una vera partecipazione comporta poi che il contributo della cittadinanza sia anche propositivo. Ammesso però che ci siano strumenti in grado di raccogliere e rafforzare la “voce” dei cittadini, con le loro rivendicazioni e proposte, si deve sempre verificare che disponibilità hanno i governanti ad ascoltare quella “voce”. Purtroppo una classe politica che si preoccupa del consenso della cittadinanza solo il giorno delle elezioni, difficilmente è disposta a istituire strumenti che consentano ad una cittadinanza partecipata di esercitare una influenza sui processi politici. Una reale democrazia partecipativa comporta la formazione di scelte collettive e implica un trasferimento di quote di potere dai governanti ai cittadini. I cittadini dovrebbero sempre poter disporre delle informazioni necessarie per poter esprimere il proprio punto di vista informato. Nella campagna contro il Fe.ris abbiamo verificato come fosse poco informata la cittadinanza e come questo fosse il principale ostacolo nel coinvolgerla. Visto che a Ferrara, ma penso in tutta Italia, siamo molto lontani dall‘avere le condizioni e strumenti necessari per una efficiente democrazia partecipata ed anche la cosiddetta e-democracy è ben lontana da realizzarsi che cosa possiamo fare ?

    1° Sfruttare tutti i canali e strumenti di informazione e comunicazione disponibili per coinvolgere i cittadini

    2° Pretendere dalla amministrazione locale che vengano istituiti strumenti di consultazione e ascolto dei cittadini e se non lo fanno alzare la nostra voce

    3° Pretendere dalla amministrazione locale che attivi processi negoziali finalizzati a prendere decisioni condivise tra l’amministrazione e i cittadini portatori d’interesse e se non lo fanno portare avanti le nostre rivendicazioni con l’azione diretta.

    Intervento introduttivo all’assemblea del 25 gennaio 2023, integrata con l’intervento all’incontro del 14 marzo, sul recupero dell’ex caserma Pozzuolo del Friuli a Ferrara

    La caserma Pozzuolo del Friuli ha cessato la propria funzione militare nel 1997. Si tratta quindi, da oltre
    vent’anni, di una grande struttura dismessa, perché ha perso la funzione per la quale era stata costruita.
    Occupa uno spazio importante nel centro storico della città , buona parte di un grande isolato nel quale è
    inserito anche palazzo Schifanoia. Quello che, in passato, sarebbe stato definito un “comparto risorsa”, un
    comparto utile cioè a dare soluzione anzitutto a problemi esistenti nel quadrante del centro storico in cui si
    trova inserito.
    Il comparto era, e di fatto è tuttora, di proprietà pubblica e questo dovrebbe facilitarne il recupero per
    funzioni utili alla comunità locale. Avviene invece da tempo in questo Paese che le proprietà demaniali non
    siano considerate, in quanto tali, al servizio delle comunità locali in cui si trovano ma voci di bilancio, da
    mettere in vendita sul mercato immobiliare per “fare cassa”. A questo proposito mi pare indicativa una
    breve lettera che firmai come presidente della sezione di Italia Nostra di Ferrara inviata nel dicembre del
    2003 al Ministero del Tesoro: “In occasione della importante riunione fissata in data odierna presso codesto
    Ministero, avente per oggetto il destino del complesso immobiliare della caserma Pozzuolo del Friuli di
    Ferrara, la locale sezione di Italia Nostra richiama con forza l’attenzione dei Ministeri competenti sulla
    importanza strategica della struttura, attraverso adeguati strumenti di pianificazione, per la soluzione di
    problemi riguardanti l’intero centro storico della città, dichiarato dall’Unesco patrimonio dell’Umanità.
    Auspica pertanto che il complesso immobiliare sia assicurato al controllo e all’uso pubblico attraverso
    l’interesse dichiarato ed espresso dal Comune di Ferrara”.
    Non è un comparto da recuperare in modo qualunque: qualsiasi altra Amministrazione Comunale dal 97
    ad oggi sarebbe stata capace di recuperare quel comparto alle condizioni che vengono proposte-imposte
    oggi dalla attuale Amministrazione col progetto Fe.Ris; il fatto è che si sarebbero vergognati anche solo a
    proporre una operazione del genere:
    si tratta di una grande operazione speculativa privata nell’area della caserma, collegata con operazioni
    speculative in aree esterne di grande pregio, finora considerate intoccabili dalla pianificazione urbanistica
    vigente e dalle norme che regolano, dagli anni ’50 ad oggi, lo sviluppo della città. Un regalo senza
    precedenti ad operatori privati attraverso lo strumento dell’accordo di programma, che creerebbe un
    precedente gravissimo, una autostrada per future operazioni del genere.
    Cosa prevede il progetto Fe.Ris nel suo complesso è cosa nota ed evito di ripeterla. Mi limito a dire che nel
    comparto della ex caserma vengono proposti nuovi edifici a pochi passi da palazzo Schifanoia
    assolutamente inguardabili dal punto di vista architettonico e che viene proposta una nuova piazza, forse
    per cercare di dimostrare che nell’intervento c’è anche un interesse pubblico, dove non è mai esistita e
    dove costituirebbe una anomalia nel tessuto edilizio storico della città.
    Occorre ricordare che l’intera area e buona parte degli edifici che su di essa insistono è vincolata dalla
    Soprintendenza. Un vincolo che fu posto, che io sappia, dall’allora soprintendente regionale Elio Garzillo su
    buona parte degli immobili storici posti in vendita dal Demanio nel tentativo di salvarli da interventi
    unicamente speculativi potenzialmente devastanti.

    Il mio parere, del tutto personale, è che in interventi di recupero-rigenerazione di aree dismesse di questo
    tipo non è da escludere a priori che siano necessari anche nuovi volumi. Gli indici volumetrici nei nostri
    centri storici sono normalmente elevati, ma la qualità della vita all’interno delle città storiche è
    normalmente alta, perché la qualità della vita dipende da altri fattori preminenti, quali ad esempio la
    socialità, la maggior possibilità di relazioni sociali e la presenza di servizi.
    La eventuale necessità di volumetrie aggiuntive (o integrative, poi spiego in seguito cosa intendo) devono
    però nascere da un progetto generale di recupero del comparto che abbia come protagonisti principali
    istituzioni pubbliche, per finalità di preminente interesse pubblico, progetto che poi può essere in parte
    realizzato anche con il concorso di privati. E’ illusorio pensare che un comparto del genere possa essere
    recuperato unicamente con iniziativa privata: oppure sì, è possibile, ma alle condizioni capestro proposte
    nel progetto Fe.Ris., considerate normali, anzi positive, da questa Amministrazione.
    Fissati i paletti all’interno dei quali ci si può muovere, chi dovrebbero essere i protagonisti e per quali
    finalità?
    Il comparto è di grande qualità – palazzo Schifanoia, istituzioni museali civiche, strutture universitarie nelle
    vicinanze- quindi Comune e Università innanzitutto, anche con il coinvolgimento della Cassa Depositi e
    Prestiti, attuale proprietaria dell’immobile.
    Per quali funzioni?
    – funzioni di completamento e di servizio delle vicine strutture museali – lo splendido edificio della
    cavallerizza si presta a destinazione convegnistica-congressuale, ma anche espositiva (per il
    comune, per l’università, per la città)
    – strutture didattiche per l’università e strutture residenziali per l’università, ma con investimenti
    pubblici legati al diritto allo studio, unici capaci di calmierare il mercato speculativo che colpisce gli
    studenti fuori sede
    – strutture residenziali pubbliche o private ed eventuali attività economiche di vicinato
    – altre funzioni utili o necessarie a risolvere problematiche presenti nel quartiere, funzioni da
    identificare parlando con la gente che vi abita, con incontri come questo. La storia nel nostro paese
    ci insegna che una città è viva se si mantiene vivo il centro storico. Tutte le parti di una città hanno
    pari dignità, ma il centro storico è, in genere, la parte più ricca di valori architettonici e di valori
    sociali identitari di una comunità; un centro storico vive se è abitato, se è vissuto. Ma vivere in
    centro comporta pregi, ma anche difetti e difficoltà. Queste difficoltà vanno identificate e, per
    quanto è possibile, superate, anche attraverso il recupero consapevole e mirato di comparti risorsa
    come quello della caserma Pozzuolo del Friuli.
    Identificate le nuove funzioni, utili e condivise, l’ente pubblico promotore deve farsi carico della
    progettazione. Il progetto mura insegna: fu possibile accedere ai fondi FIO perché era pronto un progetto
    credibile e di qualità di recupero della cerchia muraria e di gran parte della strutture culturali e museali
    della città. Per cogliere nel modo migliore possibile le occasioni di finanziamento occorre farsi trovare
    pronti.
    Dicevo sopra che per le nuove funzioni può essere che siano necessarie anche nuove costruzioni. L’ipotesi
    non mi scandalizza a priori. Bisogna però capire come.
    Io credo che in questi casi il metodo migliore sia sempre quello di partire dalla storia. Nella parte del
    comparto in cui il progetto Fe.ris colloca le nuove costruzioni c’era il convento di San Vito. Ecco io ripartirei

    da quello, per capire cosa è successo nel tempo, cosa è rimasto, cosa è stato demolito, cosa è stato
    trasformato. Una rilettura di quella preesistenza, una ricomposizione volumetrica parziale in chiave
    contemporanea (non certo rifacimenti in stile) potrebbe essere una strada per una riproposizione di parte
    del tessuto edilizio storico di quel comparto. Non certo edifici totalmente avulsi dal contesto come quelli
    proposti nel progetto Fe.Ris. e non certo una piazza, dove una piazza non serve e non c’è mai stata,
    proposta unicamente per dimostrare un inesistente interesse pubblico nell’intervento.
    Si sta parlando, lo ripeto, di una occasione straordinaria per reinserire nella vita della città un isolato
    importantissimo, che non può avvenire senza una grande presenza e volontà degli enti pubblici. Si tratta
    ora di verificare, e lo propongo anche come indicazione di lavoro per il Comitato, la effettiva volontà e
    disponibilità degli investitori pubblici potenzialmente interessati:
    – anzitutto la Cassa Depositi e Prestiti, proprietaria dell’immobile, che mi risulta abbia tra le proprie
    attività e finalità il finanziamento di progetti e programmi di pubblica utilità,
    – l’Università, trattandosi di comparto vicino ad importanti strutture universitarie; l’Università
    investe ogni anno somme cospicue per il miglioramento e completamento delle proprie strutture
    anche nella nostra città,
    – il Comune, che dovrebbe essere il primo protagonista nel recupero del comparto, ovviamente
    ribaltando totalmente la convinzione che l’isolato possa essere utilmente recuperato affidandolo
    interamente all’iniziativa privata,
    – l’Acer, altro importante investitore pubblico nella città, per interventi di edilizia residenziale
    sociale nelle varie forme possibili, nel solco di una tradizione percorsa per decenni nel centro
    storico della nostra città dall’ex IACP con importanti risultati.
    Va detto infine che ogni intervento di recupero degli edifici esistenti, soprattutto se vincolati, deve partire
    da una attenta analisi tipologica degli edifici stessi per scegliere funzioni con essa compatibili. Le nuove
    funzioni vanno scelte anche in base alle caratteristiche degli edifici storici che le devono ospitare e non,
    come troppo spesso avviene, scelte a priori per poi manomettere gli edifici che le ospitano.

    Proposta per l’Ex-Caserma

    Accolgo volentieri l’invito a mettere per iscritto il mio intervento all’assemblea del Forum del 14 marzo
    scorso. È chiaro che una vera progettazione sarà possibile solo una volta conosciuta la natura e l’entità dei
    finanziamenti, l’articolazione interna degli edifici, la possibilità di modificarli e quant’altro. Quanto segue ha
    dunque solo lo scopo di partecipare al “concorso di idee” e stimolare il dibattito.
    Credo che le future destinazioni d’uso degli edifici dell’ex caserma debbano tenere conto della natura del
    quartiere in cui si inseriscono, che è sostanzialmente residenziale e (felicemente) privo di grandi esercizi
    commerciali, che si trovano però a poca distanza, facilmente raggiungibili anche senza ricorso all’auto.
    Nello stesso tempo l’area è caratterizzata dall’importante presenza di sedi universitarie, scuole e musei. La
    riqualificazione dell’ex caserma costituisce un’occasione per porre in dialogo fra loro queste vocazioni.
    Concordo dunque con l‘intervento di Ranieri Varese che propone di trasformare la Cavallerizza in uno
    spazio pubblico condiviso da residenti, studenti e visitatori: una struttura flessibile e multifunzionale che
    possa essere utilizzata per conferenze, riunioni e assemblee, spettacoli e mostre. Potrebbe ospitare anche
    un internet point con una piccola mediateca, dove sia possibile leggere i giornali online o vedere un film
    bevendo un caffè, così da rendere vivo e frequentato quotidianamente l’ambiente anche in assenza di
    iniziative.
    Quanto all’area dell’ex caserma, gli spazi sono molto ampi e piuttosto che pensare a un’unica destinazione
    proporrei un loro utilizzo a scopi differenti e complementari. Un edificio potrebbe ospitare aule per la
    didattica universitaria e sale studio, di cui in città non c’è meno bisogno che di alloggi per studenti. Al piano
    terra una mensa-ristorante-self service sarebbe frequentata sia da studenti che da turisti. Non escluderei a
    priori una trasformazione di parte degli stabili della caserma in residenze universitarie (i centri storici
    vivono se sono abitati), purché la loro quantità sia commensurata alla capacità di ricezione di un quartiere
    che non è affatto spopolato e purché si trovi una soluzione al problema del parcheggio.
    Non vorrei generalizzare un disagio personale ma mi sembra che le palestre siano fra i servizi di cui la città e
    il quartiere non siano sufficientemente dotati. Questa carenza costringe me come diversi altri cittadini ad
    accompagnare in auto i figli minori presso impianti periferici, spesso in orari serali, con conseguente
    aggravio di traffico e inquinamento. Aggiungo che la palestra della scuola media “Dante Alighieri” non è in
    grado di supplire alle necessità dell’istituto e gli studenti sono costretti a spostarsi presso la “Biagio
    Rossetti”, distante 700 m. L’utilizzo serale della palestra della Dante da parte di società sportive aumenta
    inoltre il problema del parcheggio per i residenti, in particolare nelle vie di Sant’Andrea e Formignana.
    Senza pensare a un centro di grandi dimensioni, una o due nuove palestre, che sarebbero più facilmente
    raggiungibili da viale Alfonso I, potrebbero essere utilizzate da studenti medi e universitari, società sportive,
    cittadini residenti nel quartiere e non.
    Mi sembra inoltre condivisibile la proposta avanzata da Emanuela Mari di destinare parte del complesso
    dell’ex caserma ad ampliare il giardino e a ospitare servizi di supporto all’attività del Museo di Palazzo
    Schifanoia, quali aule didattiche e per conferenze e depositi attrezzati per le opere. La riapertura dei varchi
    già esistenti alle due estremità dell’edificio ovest della caserma permetterebbe di collegare Palazzo
    Schifanoia con gli spazi espositivi di Palazzo Bonaccossi e, attraverso il Tennis Club Marfisa, con la
    retrostante Palazzina, le cui logge ed edifici nel giardino sono da tempo sede – a mio parere adattissima e
    da incentivare – di attività didattiche e concerti. Un percorso continuo riunirebbe così in un unico
    organismo i tre musei civici d’arte antica posti tra via Scandiana e corso della Giovecca; nello stesso tempo
    la condivisione di uno spazio comune come l’ex piazza d’armi aprirebbe maggiormente il museo alla città e
    all’università permettendogli di svolgere quella funzione di più ampia utilità sociale che oggi ci si attende
    dai musei.

    Esprimo infine un ultimo desiderio: mi piacerebbe che la riqualificazione dell’area dell’ex caserma fosse
    accompagnata dal restauro delle rovine della chiesa di Sant’Andrea che da tempo attendono almeno la
    rimozione della vegetazione che, seppure pittoresca e suggestiva, impedisce la lettura dei resti della
    struttura architettonica e sta sgretolando le superfici murarie e il poco che rimane di intonaci e stucchi
    antichi. Alcuni cartelli e un’applicazione multimediale accessibile tramite QR Code potrebbero raccontare la
    storia del complesso monastico e degli altri istituti religiosi un tempo presenti nell’area e rimandare ai
    dipinti e alle sculture ora conservati presso la Pinacoteca Nazionale e Casa Romei (un prototipo di
    ricostruzione digitale della chiesa è già stato approntato dalle Gallerie Estensi in collaborazione con la
    Fondazione Istituto Tecnico Superiore Tecnologie Industrie Creative di Bologna). Il sito potrebbe costituire
    così parte di un percorso tematico che colleghi i musei nazionali di Palazzo Costabili, Casa Romei e Palazzo
    dei Diamanti intrecciandosi a quello sopra descritto dei musei civici d’arte antica. La cura e la gestione
    quotidiana dell’area monumentale potrebbe essere affidata alla adiacente scuola media costituendo in tal
    modo un laboratorio didattico permanente.
    Mi scuso per la lunghezza.
    Un cordiale saluto a tutte e tutti.

    Marcello Toffanello
    Storico dell’arte, curatore di museo, residente nel quartiere

    Ferrara e il suo futuro urbanistico. Un Pug senza nessun confronto con i cittadini

    L’intervento sulle pagine di Estense.com a firma Romeo Farinella, professore di Urbanistica all’Università di Ferrara

    In queste settimane Ferrara è stata attraversata da numerose iniziative che sono entrate nel merito dei problemi della città.

    Esperti, ricercatori, studenti di architettura, giornalisti hanno sviscerato insieme a gruppi di cittadini ferraresi e non, temi quali: il senso della rigenerazione urbana nell’era della transizione ecologica, il consumo di suolo, la natura in città, la mobilità sostenibile, il diritto alla casa, la privatizzazione dello spazio pubblico e l’uso improprio degli spazi naturali della città. Si sono confrontate situazioni e problemi di Ferrara con esperienze nazionali, internazionali.

    Insomma, tutti temi che riguardano il presente e il futuro di una città. Tutti temi che vertono sul come tradurre concretamente in azioni le ampie e generiche linee strategiche del Pug in corso di elaborazione a Ferrara. Peccato che in questi incontri pubblici, quindi aperti a tutti i cittadini, non si siano visti i principali attori politici e tecnici della città.

    Tra le pratiche di governo di una città, vi è anche la definizione di strategie, visioni e strumenti urbanistici. Spesso chi amministra cerca di relegare questa dimensione operativa alla sfera della “tecnica urbanistica”, quindi una cosa per esperti, associata ai portatori di interessi forti, che hanno i denari per avvalersi di contro esperti (architetti, ingegneri, avvocati, ecc.) in grado dialogare (spesso condizionandoli) con i processi amministrativi.

    Ma il futuro della città (che un Pug ha il compito di stabilire almeno per un dato periodo) riguarda anche il cittadino comune, singolo e associato, che una corretta pratica di governo (in linea con quanto suggerito da organismi quali Ue o Onu) dovrebbe mettere in condizione di essere informato e ascoltato.

    Uno strumento urbanistico come il Pug propone una ipotesi di sviluppo e organizzazione urbana, attraverso una sintesi, elaborata a partire da un quadro di problemi ai quale dare soluzione. Questo processo si traduce in politiche, che prevedono azioni, che per realizzarsi devono trovare risorse economiche (es. potenziare il trasporto pubblico) e norme, che devono regolare le trasformazioni ordinarie (es. edificare o ristrutturare una casa o lottizzare un terreno). Il problema è chi definisce, orienta o condiziona la definizione degli obiettivi e delle azioni.

    Altra riflessione: la realtà come sappiamo non è un insieme coerente, i “portatori di interesse” sono molteplici, e qui sta la difficoltà di governare, ma è la realtà che si deve adattare alla “norma” (voluta da qualcuno in base a proprie convinzioni o pressioni) o al contrario la “norma” deve essere in grado di interpretare la realtà (cercando di essere il più condivisa possibile)?

    Per rispondere a tali domande da anni si sono sviluppate, in fase di elaborazione degli strumenti urbanistici, esperienze di “ascolto della città” e dei suoi cittadini. Questo non significa solo sentire il parere dei “poteri forti” (attori economici, associazioni di categoria o professionali, enti, ecc.) ma avviare delle procedure (e se ne stanno sperimentando tante in Francia, Germania, Olanda, Danimarca, Spagna) che consentano ai cittadini, alle loro associazioni locali, e a chiunque abbia qualcosa da dire o suggerire di sentirsi coinvolto in un processo in corso (il Pug) che riguarda il futuro della sua città. Quindi non essere coinvolti solo a cose fatte, a decisione prese.

    Tutto questo a Ferrara non vi è stato, non so se è programmato. Ad una pratica di governo condivisa e dialogante, si è preferito sostituire una pratica di comando dove all’idea di “cittadinanza attiva” è stata sostituita quella di “soggetto portatore di interessi” (stakeholder), quindi selettivo, e scelto sulla base di un interesse particolare che si sovrappone all’idea di “città come bene comune”.

    Il consenso è gestito da capipopolo che si fanno interpreti degli umori del popolo, senza nessun confronto critico. Si esalta il “culto del fare” ma, come e per chi, lo stabilisce chi comanda. I messaggi che si lanciano sono semplificati e retorici, i nemici sono chiari, l’interlocuzione con la critica e la conoscenza viene silenziata, o ridicolizzata, o assunta in nome di una “tecnicalità” che non crea problemi e non mette in discussione ciò che si asserisce.

    Questo atteggiamento non è conservatore o progressista (viene usato in entrambi i campi) ma è tipico di una visione neoliberale dello sviluppo dove l’economia e la sua finanziarizzazione, hanno di fatto sostituito la politica e trasformato il cittadino in consumatore, mettendo in mano il futuro della città a poteri spesso non visibili (es. il 40% dell’intero progetto Isola-Garibaldi a Milano dal 2013 è in mano alla Qatar Holding, mentre il futuro di altre importanti aree della città sono in mano alle società proprietarie di Milan e Inter e in generale il futuro urbanistico di Milano è gestito dalla potente immobiliare Coima).

    E quindi, come è capitato con il Feris e come ora sta capitando con l’accordo con Coop Alleanza per l’area di Foro Boario, si avviano operazioni su aree strategiche per il futuro della città basate su accordi di interesse dove prevale l’interesse privato, per funzioni dichiarate pubbliche ma non necessarie, o non prioritarie, senza un coinvolgimento della città e mentre si sta elaborando un Pug che dovrebbe dirci come potrebbe essere usata quell’area di grande interesse per tutta la città.

    Quindi la domanda è perché l’amministrazione ferrarese non ha ancora sentito l’esigenza di organizzare un grande momento pubblico e politico (come hanno fatto altre città) di presentazione delle linee strategiche del suo futuro piano urbanistico? Abbiamo capito in questi anni che molta attenzione è rivolta al potenziamento del turismo delle “trippe”, dello spettacolo usa e getta che abusa dei beni comuni (piazze storiche che per un mese si trasformano in palcoscenici privati), della privatizzazione dello spazio pubblico a fini commerciali.

    Qualcuno potrebbe obiettare che abbiamo ora a Ferrara una grande e straordinaria esposizione sul rinascimento (cosa vera, il cui merito va agli organizzatori) ma si tratta del rilancio di iniziative che appartengono all’ identità” ferrarese perlomeno da quando è nata Ferrara Arte. È quindi la ripresa di una “tradizione” e non il frutto di una nuova visione politica.

    Colpisce però la bassa qualità (e la dismissione) del commercio di Ferrara città d’arte: che è sotto gli occhi di tutti, anche nelle vie più centrali del centro storico. Nel Pug si parla di “città dei 15 minuti” e sarebbe interessante sapere dai progettisti come intendono realizzare questo obiettivo avendo cinque centri commerciali e ipermercati che generano tra l’altro un traffico sovradimensionato rispetto alla dimensione della città.

    Se non si parte da questa premessa la “città dei 15 minuti” sarà solo per i quartieri “gentrificati”, dove le botteghe e i servizi rinascono per chi se lo può permettere. La riflessione potrebbe continuare con le politiche abitative e del lavoro, temi assenti dai dibattiti della città.

    Colpisce infine l’orizzonte limitato e provinciale di importanti e storiche associazioni di categoria come il Cna, Ascom, Confartigianato e Confesercenti che identificano, in un loro comunicato congiunto, l’internazionalizzazione di Ferrara con un evento effimero come il concerto di Bruce Springsteen, del quale tra l’altro chi lo contesta ha solo messo in discussione il luogo scelto (il Parco urbano) e non l’opportunità di farlo.

    Forse queste associazioni e molti cittadini non si rendono conto che Ferrara è già internazionale per la sua storia, la sua cultura, la sua università, peccato che attorno a questi valori “locali” non si riesca strutturare una visione “internazionale” di lunga durata, preferendo alla sedimentazione, al coordinamento, alla inclusione (certo più difficile da pensare e gestire perché necessità di complessità di pensiero e di governo) la cultura dell’evento mordi e fuggi.

    Pensare che il futuro dell’internazionalizzazione di una città sia legata a un concerto rock, ad un’expo, o a un’olimpiade fa tremare le vene ai polsi anche perché mette in luce la mediocrità di una classe dirigente, come dimostrano i fallimenti in molte città europee delle fasi post-evento.

    Si potrebbe poi dire che per un paese dalle cento città come l’Italia il futuro e l’internazionalizzazione se legata solo alla singola città è perdente, se invece diventa una politica federativa e condivisa da reti di città sarà più forte. Lo hanno capito anche Oxford e Cambridge, due città dalla forte identità “locale”, che insieme a Milton Keynes si stanno costituendo come sistema metropolitano rafforzando il trasporto pubblico territoriale, stessa cosa potremmo dirla per Marsiglia e Aix-en-Provence, ormai divenute un’unica realtà metropolitana, o per la regione della Ruhr. Tutti sistemi di città riorganizzati a partire dal potenziamento della mobilità pubblica urbana e interurbana

    Anche per questo sarebbe necessario un sereno e ricco dibattito pubblico promosso da chi amministra la città (invitando anche le città vicine a partire da Bologna), in particolare in occasione della redazione di un nuovo strumento urbanistico generale. Così come la vitalità, l’interesse, la curiosità, l’amore per la città, che si ritrova nelle le attività promosse dal Forum Ferrara Partecipata e da altre associazioni andrebbero valorizzate in quanto risorse attive sul territorio, in quanto presidi civici, e non ridicolizzate o stigmatizzate come è capitato di leggere frequentemente.

    *professore di Urbanistica del Dipartimento di Architettura dell’Università di Ferrara, dove dirige il CITERlab, un laboratorio di ricerca che opera nel campo della progettazione urbana e territoriale

     

    Romeo Farinella

    professore di Urbanistica del Dipartimento di Architettura dell’Università di Ferrara, dove dirige il CITERlab, un laboratorio di ricerca che opera nel campo della progettazione urbana e territoriale