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    31/05/2023

    Che strumenti di democrazia partecipativa sono disponibili?

    Rodolfo Baraldini

    Premessa

    Si parla di democrazia partecipativa quando le decisioni pubbliche vengono prese da chi governa sulla base di processi di partecipazione dei cittadini che hanno la possibilità di esprimere le proprie ragioni su un determinato argomento. Se ne parla soprattutto da quando (anni’80 del XX secolo) emerse chiaramente la crisi delle democrazie rappresentative, con l’aumento dell’assenteismo, della sfiducia nelle istituzioni, dei movimenti/partiti populisti o personali. Una reale democrazia partecipativa comporterebbe anche la formazione di scelte collettive e implica un trasferimento di quote di potere dai governanti ai cittadini; cosa che, finché gli strumenti di democrazia partecipativa sono calati dall’alto, molto difficilmente si realizza. Il contributo partecipativo dei cittadini/elettori richiesto da chi governa si riduce per lo più al consenso/dissenso per il proprio operato. La base di una democrazia partecipativa che parte dal basso è una cittadinanza attiva e informata. Questa è normalmente in contrasto con la domanda, di questi tempi generalizzata, di un leader che fa promesse salvifiche. Domanda che cresce con l’allontanamento della gente dalla politica e dalle istituzioni e che fa inevitabilmente crescere la personalizzazione dei partiti politici, focalizzata su figure dotate di attrazione e comunicazione personale a discapito dell’apporto attivo al bene comune da parte della collettività.

    Senza una cittadinanza attiva ed informata gli strumenti di democrazia partecipativa “calati dall’alto” restano per lo più poco utili e inutilizzati.

    Che strumenti ci hanno concesso?

    Nelle diverse articolazioni tra democrazia rappresentativa, diretta, deliberativa e partecipativa nelle democrazie rappresentative tipiche i principali strumenti di democrazia diretta sono i referendum ( in Italia possono essere abrogativi, costituzionali o territoriali ). In alcuni stati, ma non in Italia, è prevista anche la revoca del mandato di un rappresentante eletto. In Italia è considerato strumento di democrazia diretta anche la proposta di legge di iniziativa popolare, quella che si può presentare raccogliendo le firme di 50.000 elettori. È uno strumento di democrazia diretta solo teoricamente, infatti nella prassi è uno strumento con un potere limitato dove non si garantisce ai presentatori l’esame parlamentare della loro proposta . Gli organi parlamentari, infatti, non hanno l’obbligo di pronunciarsi sulle proposte di iniziativa popolare e neanche esistono meccanismi che garantiscano forme significative di priorità procedurale. Quando poi viene eventualmente discussa saranno comunque i rappresentanti eletti a decidere se trasformarla in legge. Relativamente analoga la Proposta di Legge popolare che 5000 elettori possono presentare alla regione Emilia Romagna.
    Nella Unione Europea è prevista l’Iniziativa dei cittadini dove raccogliendo un milione di firme in almeno 7 stati della UE si può chiedere alla Commissione Europea di proporre nuovi atti legislativi. La prima presentata nel 2014: L’acqua è un bene comune, non una merce! ha portato ad una revisione della direttiva UE sull’acqua potabile, entrata in vigore il 12 gennaio 2021. Su 101 iniziative registrate 7 hanno avuto risposta dalla commissione e 2 ( entrambe su istanze “animaliste”) sono attualmente sotto esame.

    In Italia ai sensi dell’articolo 50 della Costituzione, ma era già previsto nello Statuto Albertino, tutti i cittadini possono rivolgere petizioni alla Camera dei Deputati o al Senato per chiedere provvedimenti legislativi o esporre comuni necessità. La procedura per presentare le petizioni è relativamente semplice, oggi è possibile anche con una semplice e-mail. Ad oggi in questa legislatura ne sono state presentate oltre 1400 ( tra Camera e Senato ). Le petizioni vengono assegnate alle Commissioni dove possono essere prese in considerazione o archiviate. Non è dato sapere in commissione quante ore, minuti o secondi di discussione vengano loro dedicati.

    Il decentramento legislativo e amministrativo delle regioni comporta poi che ogni regione possa regolare con apposita legge quali strumenti di democrazia diretta/deliberativa/partecipativi possono essere utilizzati.

    In Emilia Romagna abbiamo la legge regionale sulla partecipazione all’elaborazione delle politiche pubbliche del 2018.

    Gli strumenti previsti sono:
    Gruppo 1 – Strumenti qualitativi (o di democrazia deliberativa)
    Sondaggio deliberativo (15.69 KB)
    Consensus Conference (14.19 KB)
    Giuria dei cittadini (15.25 KB)
    Débat public (15.91 KB)
    Open Space Technology (OST) (14.55 KB)
    Focus group (15.85 KB)– Gruppo di discussione
    World Café (11.51 KB)– Café Seminar
    EASW – European Awareness Scenario Workshop (17.52 KB)
    Participatory Scenario Building Workshop (15.09 KB)
    Laboratori di discussione/progettazione urbanistica partecipata (Planning for Real (14.8 KB))
    Gruppo 2 – Strumenti quantitativi (o di democrazia diretta)
    Referendum (17.48 KB)(in generale, come regolato da statuti)
    Referendum deliberativo (referendum personalizzato, anche su base territoriale)
    Gruppo 3 – Strumenti quali-quantitavi (o di democrazia partecipativa/deliberativa)
    Assemblea dei Cittadini (17.26 KB)(Citizens’Assembly o Citizens’Hearing)
    Sondaggi
    Votazioni online
    Voting Conference (17.26 KB)
    Bilancio Partecipativo (16.47 KB)
    (Electronic) Town Meeting (15.68 KB)
    – Strumenti di Ricerca Scientifica Partecipativa per Valutazioni di Sostenibilità:
    Valutazione del Ciclo di Vita (17.57 KB)
    Analisi Costi Benefici (17.57 KB)
    Stima di Impatto Sociale (16.64 KB)
    Strumenti di valutazione d’impatto ambientale partecipativa
    Strumenti di indagine epidemiologica partecipativa

    Questi strumenti possono anche entrare in progetti finanziati dalla regione.

    All’esame dei progetti di partecipazione è preposto il Tecnico di Garanzia della Partecipazione che però non ha potere ostativo, ad esempio, nei riguardi di una amministrazione locale che all’interno di un percorso partecipativo non “ascolti” la cittadinanza.

    Negli enti locali è stato poi istituito il Garante della comunicazione e della partecipazione previsto all’art. 56 della l.r. n. 24/2017 e dalla delibera 1255 del 2018, ruolo che non viene introdotto per garantire un formale adempimento di pubblicità e mera comunicazione di documenti attraverso canali tradizionali o online. Il Garante deve avere un profilo specialistico che affianca gli uffici di Piano nella progettazione e avvio di veri e propri processi di partecipazione per permettere all’intera comunità, attraverso incontri estesi ai cittadini, alle imprese, al terzo settore, alle categorie economiche, ai professionisti, di confrontarsi e condividere le sfide della pianificazione generale del proprio territorio. Come figura di Garanzia per i cittadini dovrebbe, ma quasi mai avviene, non essere nominato tra dipendenti dell’ente pubblico. Per il PUG del Comune di Ferrara, è garante Silvia Mazzanti, contattabile all’indirizzo: garantepartecipazione@comune.fe.it.

    Il comune di Ferrara ha un Ufficio Relazioni con il Pubblico che di fatto è il primo punto di ascolto per reclami e segnalazioni dei cittadini. Ma molto più funzionale, visto che si possono consultare anche le segnalazioni/istanze presentate in passato da altri cittadini, è la piattaforma web FEDRO dove il singolo cittadino, una volta registratosi può fare segnalazioni o presentare istanze a cui normalmente viene data risposta.

    Da quando Ferrara ha aderito alla piattaforma FEDRO ( settembre 2015 ) sono state inviate 9012 segnalazioni e di queste 5587 sono state chiuse (perlopiù su buche e segnaletica stradale). Non sono poche le segnalazioni o reclami a cui il comune o i suoi tecnici hanno risposto semplicemente “non si può fare” chiudendo drasticamente la pratica. Nessuna possibilità di discutere l’opinione o le valutazioni del comune. Come tutti gli strumenti di partecipazione la sua efficacia dipende strettamente dalla disponibilità all’ascolto della voce dei cittadini da parte di chi li governa. A questo si aggiunge che la partecipazione non è comunque possibile se la cittadinanza non è neppure informata sull’esistenza di questi strumenti.

    Il regolamento per la disciplina delle forme della partecipazione popolare all’amministrazione locale del comune di Ferrara stabilisce che i soggetti privati singoli o associati possono chiedere al Comune di Ferrara l’attivazione di un percorso partecipativo su un tema di interesse collettivo.

    I soggetti privati singoli o associati possono progettare e gestire un percorso partecipativo nel rispetto delle normative regionali.

    Il regolamento e statuto comunale prevede poi come istituti di partecipazione popolare: istanze, petizioni, proposte di deliberazione consiliare, consultazioni popolari e referendum popolari.

    Le istanze, sottoscritte senza obbligo di autenticazione anche dal singolo cittadino, sono richieste che i cittadini possono rivolgere agli organi decisionali dell’Amministrazione comunale, per sollecitare l’intervento in una situazione concreta, specifica e particolare, di pubblico interesse, devono essere indirizzate al Sindaco e presentate all’Ufficio Protocollo Generale. Non sono dirette ad ottenere un provvedimento amministrativo.

    Le petizioni sono intese a sollecitare l’intervento dell’Amministrazione comunale per la migliore tutela di interessi collettivi o diffusi in materie determinate o per questioni specifiche e particolari .

    I promotori costituiscono la delegazione con la quale si terranno tutti i rapporti conseguenti alla presentazione della petizione e hanno l’onere di raccogliere le firme necessarie per l’ammissibilità della petizione. Si considerano promotori, di norma, i primi tre sottoscrittori. Devono essere sottoscritte da almeno 100 cittadini, indirizzate al Sindaco e depositate a cura dei promotori, mediante consegna oppure a mezzo del servizio postale, presso l’Ufficio Protocollo Generale che ne rilascia ricevuta .

    L’esame di ammissibilità della petizione è di competenza del Segretario Generale, che accerta il requisito del numero delle sottoscrizioni e la riferibilità della petizione alle funzioni del Comune.

    Sia i promotori della petizione sia il Consiglio (tramite la competente commissione consiliare) o la Giunta Comunale (tramite l’assessore competente) possono chiedere di fornire o avere chiarimenti e precisazioni. Ai fini istruttori, la commissione consiliare o l’assessore competente possono richiedere ulteriori pareri, valutazioni e proposte degli uffici e servizi comunali competenti in materia.

    Le proposte di deliberazione consiliare sono dirette a promuovere interventi dell’Amministrazione comunale in materia di interessi diffusi o collettivi di competenza comunale. Non sono ammesse proposte che che hanno per oggetto gli stessi oggetti esclusi dalla possibile richiesta di referendum, ed in particolare quelle incidano sugli strumenti urbanistici, sui relativi piani di attuazione e loro variazioni.

    Richiedono la raccolta di minimo 500 firme e devono essere formalizzate (in forma di proposta deliberativa) e depositate a cura dei promotori, mediante consegna oppure a mezzo del servizio postale, presso l’Ufficio Protocollo Generale che ne rilascia ricevuta.

    I promotori costituiscono la delegazione con la quale si terranno tutti i rapporti conseguenti alla presentazione della proposta di deliberazione e hanno l’onere di raccogliere le firme necessarie per l’ammissibilità della proposta. Si considerano promotori, di norma, i primi tre sottoscrittori.

    L’esame di ammissibilità della proposta è di competenza del Segretario Generale, che accerta il requisito del numero delle sottoscrizioni e la riferibilità della proposta di deliberazione alle funzioni del Comune.

    Se la proposta:

    • ha per oggetto l’adozione di un provvedimento di natura regolamentare, deve essere redatta in articoli
    • comporta nuove o maggiori spese a carico del bilancio comunale, devono essere indicati l’importo e i mezzi per farvi fronte

    La dichiarazione di presentazione della proposta deve espressamente indicare i nominativi e il recapito dei promotori.

    Per ogni sottoscrittore deve essere chiaramente riportato cognome, nome, luogo e data di nascita, residenza.

    Prima di raccogliere le firme, i promotori possono richiedere la collaborazione degli uffici e servizi comunali coinvolti nell’oggetto della proposta per una sua migliore formulazione tecnica e per una verifica della non manifesta illegittimità dell’atto. Gli uffici a tal fine assicurano l’accesso agli atti e ai documenti posseduti, nei limiti della normativa vigente in materia di accesso generalizzato. La Ragioneria comunale fornisce gli elementi utili per ciò che attiene al profilo finanziario e ai collegamenti con il bilancio comunale.

    Referendum popolari possono essere richiesti da almeno il 3% degli iscritti nelle liste elettorali del Comune (108.509 nel 2019).

    Con il referendum consultivo tutti gli elettori del Comune sono chiamati a pronunciarsi in merito a piani, programmi, interventi, progetti ed ogni altra iniziativa riguardante materie di esclusiva competenza dell’ente locale, per consentire agli organi comunali di assumere le determinazioni di competenza dopo aver verificato gli orientamenti della comunità.

    Il referendum abrogativo è ammesso per l’abrogazione totale o parziale di delibere di Consiglio e di Giunta del Comune di interesse generale della popolazione.

    Non possono formare oggetto di referendum:

    a) la revisione dello Statuto comunale e degli statuti delle Aziende Speciali;

    b) il regolamento del Consiglio comunale e del decentramento;

    c) gli atti di mero adempimento di leggi e regolamenti nazionali e regionali e di norme

    statutarie;

    d) l’ordinamento del personale del Comune, delle istituzioni e delle aziende speciali;

    e) il bilancio preventivo ed il conto consuntivo;

    f) i tributi locali e le tariffe dei servizi comunali;

    g) i provvedimenti relativi alla tutela e salvaguardia di minoranze etniche, religiose e di

    soggetti socialmente deboli,

    h) le materie già sottoposte a referendum, prima che siano trascorsi quattro anni.

    Il referendum abrogativo è escluso, oltre che nei casi indicati precedentemente, anche qualora gli atti sottoposti a detto referendum:

    a) incidano su situazioni concrete, relative a soggetti determinati, aventi natura patrimoniale o che riguardino servizi alla persona;

    b) non siano di esclusiva competenza comunale e per la loro formazione sia prevista o sia intervenuta la convergente volontà di altri enti locali, della Regione e dello Stato;

    c) incidano sugli strumenti urbanistici, sui relativi piani di attuazione e loro variazioni.

    d) riguardino gli atti di costituzione di società per azioni e società a responsabilità limitata.

     


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