PER UN LAVORO STABILE E DIGNITOSO
Una nuova idea di città non può prescindere dal come si pensa debba essere il ruolo del lavoro in essa. A maggior ragione in una situazione come quella di Ferrara, che, praticamente da sempre, conosce tassi di crescita inferiori a quelli medi della regione e, invece, tassi di disoccupazione superiori ad essi. Da una parte, registriamo ( indagine Ires CGIL Emilia-Romagna) che, rispetto al periodo pre-lockdown, la provincia di Ferrara presenta il dato peggiore in tutta la regione per quanto riguarda il volume di occupati e anche la quantità di lavoro ( -7,2% Unità Lavoro per Anno e -2,9% occupati); dall’altra, l’Unione delle Camere di Commercio, con il suo sistema Excelsior, segnala che la provincia di Ferrara nel 2022 ha perso circa 2000 posti di lavoro rispetto al 2021 e che per i nuovi ingressi previsti 4 su 5 avverranno con contratti a termini. Anche per Ferrara si conferma che il lavoro è sempre più povero e precario.
E’ evidente che una politica che guarda all’affermazione di un lavoro ricco e stabile, insomma con caratteristiche di essere lavoro dignitoso, è difficile da costruire semplicemente su scala territoriale e necessita di scelte coerenti a livello nazionale, sia relativamente alle politiche industriali che a quelle del lavoro. Non c’è dubbio che va ribaltata quella dell’attuale governo, che ha ripreso e peggiorato quelle già sviluppate nei decenni precedenti, anche dai governi di centro-sinistra, per cui ora si pensa a far crescere l’occupazione, ma nei settori con bassi salari e alta precarietà ( vedi commercio e turismo) e anche favorendo l’economia irregolare e illegale.
Ciò non toglie che sia possibile mettere in campo iniziative che, anche nei territori, guardino a tale prospettiva: premessa di fondo è una nuova qualità dell’intervento pubblico, capace di garantire e rafforzare la gestione pubblica dei beni comuni ( vedi la scheda “Per la pubblicizzazione dei beni comuni”), rilanciare e riqualificare le attività produttive, favorire la conversione ecologica dell’economia.
In primo luogo, questa traiettoria deve essere scelta dall’Amministrazione comunale per l’impostazione delle scelte della propria gestione diretta. Invece, in questi anni l’Amministrazione, anche per quanto si riferisce al proprio personale pubblico, è andata in direzione contraria: ha promosso l’esternalizzazione di servizi importanti, come parte del sistema bibliotecario, che si è aggiunta a quella parziale effettuata in passato relativa ai servizi per l’infanzia; ha diminuito in modo significativo l’occupazione diretta a tempo indeterminato ( – 154 unità dal 2019 al 2022, passando da 1105 dipendenti comunali a tempo indeterminato a 951 nel 2022), mentre è cresciuta quella a termine e con contratti precari, soprattutto lavoratori interinali e contratti di formazione-lavoro ( complessivamente + 56 unità dal 2019 al 2022, passando da 98 a 154). Stella polare di queste politiche sbagliate è stata l’ulteriore diminuzione delle spese per il personale, che si è ridotta da da più di 45 mln. di € del 2019 a poco di più di 43 mln. di €.
Invertire questa tendenza, percorrere una strada alternativa diventa fondamentale per affermare un’altra idea di città. In particolare, senza avere la pretesa di essere esaustivi, bisognerebbe mettere in campo almeno 3 interventi “di minima”:
- Una politica occupazionale del lavoro pubblico comunale, che scelga di privilegiare i contratti a tempo indeterminato ed elimini quelli precari, con l’eccezione di quelli fisiologici ( vedi supplenze nei servizi per l’infanzia).
- La costituzione di un Osservatorio sulla e contro la precarietà, con il compito di indagare e combattere le forme di lavoro povero, precario e irregolare.
- La costituzione di un Tavolo partecipativo per il lavoro dignitoso, con l’obiettivo di promuovere un vero e proprio Piano straordinario per il lavoro così orientato e che veda la partecipazione delle parti sociali, dei soggetti interessati a tale prospettiva, dell’Università e del sistema creditizio.
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