L’impermeabilizzazione, fotografata dai nuovi dati di Ispra, continua a crescere anche nelle zone inondabili e a pericolosità di frana. La rubrica di Paolo Pileri
In occasione dell’assemblea nazionale dell’Associazione dei Comuni italiani (Anci), che si è svolta a Genova dal 24 al 26 ottobre, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ha presentato l’annuale Rapporto sul consumo di suolo. Non ci sono buone notizie, ma solo cifre da brivido di un Paese in balia del cemento. Tra il 2021 e il 2022 sono stati persi per sempre altri 7.075 ettari (consumo di suolo netto), in aumento del 10,2% rispetto ai 6.421 “mangiati” nel 2020-2021 (dato aggiornato). Un fiume in piena, ma di asfalto.
Lombardia e Veneto rimangono al comando della classifica rispettivamente con 908 e 739 ettari (+2,8% rispetto al 2021 in Lombardia e +8,1% in Veneto). Al terzo posto una new entry, la Puglia con 718 ettari (+44%) poi la solita Emilia-Romagna con 635 (-3,5%), il Piemonte con 617 (-2,1%) e la Sicilia con 608 (+25%).
Al netto di alcune piccole contrazioni -apprezzate ma ancora ampiamente insufficienti- il risultato finale rimane pessimo. L’egual spartizione tra centrodestra e centrosinistra delle prime quattro posizioni in classifica conferma anche che il partito italiano più inossidabile rimane quello del cemento. Paradosso o ipocrisia, le leggi regionali sul consumo di suolo sono state approvate proprio in quelle Regioni che ne hanno consumato di più: giudicate voi se sono norme colabrodo o no.
Anche sul fronte dell’efficienza il verdetto è negativo. L’indicatore “consumo marginale di suolo” mostra che in tutte le Regioni (tranne una, ma per anomalia statistica) vi è stata cementificazione nonostante il calo demografico: un controsenso che rovescia sulle spalle dei cittadini presenti e futuri costi ambientali sempre più elevati. Mentre il recupero degli edifici dismessi è di là da venire.
Sono 7.075 gli ettari di suolo cementificato nel 2021-2022. Sempre di più, sempre peggio. Il consumo di suolo corre veloce mentre politici, tecnici e urbanisti pubblici o gli vanno dietro o sono fermi al palo
Ma il dato più raccapricciante è quello sul consumo di suolo in aree pericolose. Continuiamo a impermeabilizzare le aree inondabili: nel 2022 sono stati cementificati 917,6 ettari in aree a media pericolosità idraulica (pari al 13% del consumo di suolo nazionale). Poco meno dell’anno scorso (991,9). Quindi, se arrivassero altre alluvioni disastrose ci troveremmo ancor più esposti di prima ai danni. La Regione campione di consumo di suolo in aree a media pericolosità idraulica è, di nuovo, l’Emilia-Romagna seguita da Piemonte, Toscana e Lombardia: quasi tutte del Nord Italia. Non meno grave è il consumo di suolo in aree a pericolosità di frana: 376,35 ettari (il 5,3% del totale netto) di cui 45,7 in aree a pericolosità molto elevata. La Campania guida la classifica (+94,7 ettari) seguita da Sardegna, Toscana e Puglia attorno ai 63 ettari ciascuna.
La situazione è sempre grave e preoccupante. E nulla è cambiato in meglio. Il Covid-19 non ha insegnato nulla e tutto il parlare di transizione ecologica non ha fermato nessun appetito. Di questo passo l’implementazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza e le opere per le Olimpiadi Milano-Cortina 2026 -cui si potrebbero aggiungere quelle per l’Expo di Roma del 2030- andranno ad appesantire questi numeri già drammatici.
Ascolteremo dichiarazioni di indignazione o di preoccupazione da parte di sindaci e governatori davanti a questi dati? Oppure, come l’anno scorso, preferiranno lamentarsi con Ispra perché diffonde cifre del genere e aggiungendo il cattivo gusto e lo sbandamento ecologico di dire che molti di quei consumi di suolo sono buoni?
Paolo Pileri è ordinario di Pianificazione territoriale e ambientale al Politecnico di Milano. Il suo ultimo libro è “L’intelligenza del suolo” (Altreconomia, 2022)
-------------------------------- L'ultima segnalazione l'ha fatta: Roberto Piccioli --------------------------------
Lascia un commento