Città, salute e il progetto Fe.ris
Il 5 dicembre 2022 diverse associazioni, confluite nella Rete per la Giustizia Climatica, e moltissimi cittadini ferraresi si sono riuniti presso la Sala Macchine dello spazio Grisù per discutere collettivamente del futuro di Ferrara e cercare di rispondere alla domanda: “di chi è la città?”. L’oggetto al centro dell’incontro d’avvio del neonato Forum Ferrara Partecipata era il progetto Fe.ris, un programma di rigenerazione urbana promosso dalla giunta comunale che prevede il recupero e la ristrutturazione della ex caserma Pozzuolo del Friuli, la costruzione di un parcheggio in via Volano, e di un nuovo ipermercato nei pressi delle mura di via Caldirolo. Durante l’incontro sono stati presentati i punti di vista dei vari soggetti aderenti al Forum e sono state portate molte argomentazioni per opporsi al progetto Fe.ris. La ricchezza e il valore del dibattito è stata quella di far emergere come il discorso su un progetto come il Fe.ris vada ad intrecciarsi con molti altri temi che riguardano la vita e il futuro dei ferraresi quali la gestione dei beni comuni e il diritto alla città, la partecipazione democratica, l’immaginazione condivisa di un futuro insieme e il diritto alla mobilità. Il Fe.ris, come qualsiasi altro progetto che riguardi lo sviluppo urbano, interessa però anche un altro importantissimo tema che riguarda tutti i cittadini, ovvero il diritto alla salute.
E’ noto da tempo che i processi che determinano salute e malattia in una popolazione hanno origine dall’assetto culturale, economico e sociale in cui quella popolazione vive, oltre che dai fattori più prettamente biologici come età, sesso e patrimonio genetico. A generare la buona salute degli individui sono cioè i luoghi, le situazioni e il contesto (storico, geografico, economico, culturale, sociale e politico) in cui le persone nascono, crescono, vivono, giocano, amano, lavorano, studiano, etc (1).
Figura 1: rappresentazione schematica dei determinanti sociali di salute. Fonte: Dahgren e Whitehead, 1993.
In questa visione, nota come determinazione sociale della salute, il contesto è un concetto fluido, flessibile, i cui confini possono essere tracciati in maniera più o meno ampia. A influenzare la salute di una persona, o di un gruppo di persone, possono essere le quattro mura di casa ed il contesto famigliare in cui si trascorrono i primi anni di vita. Può essere il quartiere dove si muovono i primi passi e si fanno le prime esperienze formative. Il contesto può essere rappresentato dalla città in cui si vive presa nella sua interezza, o ancora più in grande, dal proprio paese, dal proprio continente (basti pensare a quanto può essere diverso nascere in Europa piuttosto che in Africa) o perfino dall’intero pianeta. I processi di salute malattia si dispiegano e si declinano infatti su ciascuna di queste scale, riproducendosi dalla scala più macro (il pianeta) fino a quella più micro (il singolo contesto famigliare).
Il contesto urbano rappresenta un punto privilegiato di analisi, che si colloca a un livello intermedio tra il micro e il macro. Da questa scala può essere particolarmente facile studiare e comprendere i processi che influenzano salute e malattia e trovare modalità per modificarli localmente. L’interesse per la salute in ambito urbano è notevolmente cresciuto negli ultimi anni, sia in ambito accademico che presso i servizi e le istituzioni, tanto che ha dato origine a un vero e proprio filone di studio e di pratiche di salute noto come Urban Health, che si occupa specificamente di studiare la relazione esistente tra salute e ambiente urbano (2, 3). L’ascesa di questa disciplina è comprensibile se si considera che l’urbanizzazione è stato uno tra i più grandi cambiamenti demografici dell’ultimo secolo, cosa che ha portato oltre la metà della popolazione mondiale a vivere all’interno di una grande città. Il processo di urbanizzazione è tuttora in divenire e si stima che la frazione di popolazione umana urbanizzata è destinata a crescere ulteriormente nei prossimi anni. Secondo la prospettiva dell’Urban Health è in primis il contesto urbano a plasmare e determinare lo stato di salute dei cittadini che abitano la città, influenzando, nel bene o nel male, i determinanti di salute. Gli elementi attraverso cui la città può plasmare la salute dei cittadini sono ad esempio l’ambiente fisico (naturale e costruito) che la caratterizza, l’ambiente sociale, la disponibilità e l’accesso ai servizi sociali e sanitari, le infrastrutture esistenti, il grado di inquinamento, la disponibilità di spazi verdi, la densità abitativa, la mobilità e i trasporti, le condizioni abitative. Se fino al diciannovesimo secolo l’effetto delle città era prevalentemente un effetto negativo, che andava a detrimento della salute dei suoi abitanti (pensiamo ai romanzi di autori come Charles Dickens e all’idea insalubre e malsana di città che ne traspare), a partire dal ventesimo secolo la connotazione ha iniziato a cambiare, mostrando anche molti effetti positivi. Questa trasformazione mostra che la città non è qualcosa di statico, ma è come un organismo, si modifica e trasforma continuamente. Non è solo la città, quindi, a modificare lo stato di salute dei cittadini, ma sono anche i cittadini che concorrono a modificare la città e a indirizzarne le forme e gli sviluppi. In questo modo il rapporto tra città e cittadini diventa circolare e chi abita la città, tramite la partecipazione attiva, può avere voce in capitolo sullo sviluppo del luogo in cui vive e di riflesso può avere voce in capitolo sul proprio benessere e sulla propria salute.
E’ per questo motivo che il dibattito sul progetto Fe.ris è anche inevitabilmente un dibattito sulla salute e sul diritto alla salute dei cittadini ferraresi.
Se tutto questo è vero in generale, l’importanza e l’urgenza della questione diventano ancora più vitali in un momento storico in cui la salute all’interno e all’esterno delle città è minacciata da un pericolo senza precedenti come il cambiamento climatico, definito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) come il singolo e più grave rischio per la salute che l’umanità abbia mai affrontato (4). Il tema del cambiamento climatico non è di certo nuovo, se ne parla dalla fine degli anni ‘80, ed è più o meno da quegli anni che si va accumulando un’abbondante letteratura scientifica che illustra come il progressivo aumento della temperatura sul nostro pianeta sia responsabile di una vasta e variegata gamma di danni diretti e indiretti alla salute umana, fisica e mentale, oltre che della distruzione dell’ambiente naturale da cui dipendiamo per rimanere in vita e in buona salute, per approvvigionarci di aria, acqua, cibo e per avere un luogo sicuro dove vivere (5,6). Ciò che è peculiare del nostro tempo però è il fatto che solo ora iniziamo a renderci conto in prima persona e sulla nostra pelle degli effetti scatenati da questo fenomeno, solo ora inizia a svanire ciò che lo scrittore indiano Amitav Gosh ha definito “la grande cecità” (7) e – drammaticamente – è in questo momento che la finestra che definisce la nostra possibilità di agire sta iniziando a chiudersi, iniziando a delineare un possibile punto di non ritorno che si profila essere non molto lontano da noi (8). Mai come in questo periodo storico quindi diventa importante pesare e ponderare ogni singola decisione politica cercando di tenere bene a mente le conseguenze che potremmo averne nel futuro. Come è possibile dunque prendere decisioni riguardanti Ferrara e il suo futuro che garantiscano anche la tutela del benessere della sua popolazione?
La strategia che suggerisce l’OMS è quella di considerare la salute come elemento prioritario all’interno di tutte le politiche pubbliche, anche (e soprattutto) quelle non prettamente sanitarie. Infatti, poichè la salute si colloca all’intersezione di molteplici fattori socio-economici, è ovvio che la tutela della salute deve passare attraverso l’intervento di tutti i settori rilevanti, dall’urbanistica, all’economia, dalla giurisprudenza all’agricoltura, dalla finanza all’edilizia, oltre che dalla sanità, realizzando così un approccio intersettoriale e interdisciplinare. Questo approccio è stato promosso dall’OMS sotto il nome di Health in all policies – salute in tutte le politiche (9), un approccio che i promotori del progetto Fe.ris non paiono aver considerato come prioritario. Dobbiamo infatti tenere a mente che il progetto si inserisce in un momento storico che abbiamo definito drammatico, per via del cambiamento climatico, e lo abbiamo visto chiaramente durante l’anno che è appena trascorso. Basti pensare alle ondate di calore che si sono registrate durante i mesi estivi, con picchi di temperature sopra ai 40°C (10), alla siccità che è stata descritta come la peggiore degli ultimi 500 anni (11), alla risalita del cuneo salino nei rami del Delta del Po e alla secca del fiume che dura ormai da un anno (12), o ancora al nubifragio del 19 di Agosto che ha completamente allagato le strade della città (13).
Non va dimenticato del resto che Ferrara si colloca in un territorio unico in Italia, caratterizzato da un fragilissimo e precario equilibrio tra terra e acqua, equilibrio che potrebbe rompersi in qualsiasi momento, come descrive molto bene Wu Ming 1 nel suo testo “Le terre nuove destinate a scomparire”(14).
E’ da questa prospettiva allora che deve essere considerato e valutato il progetto Fe.ris, tenendo a mente che il futuro della città che immaginiamo dovrà comunque trovare una collocazione nel futuro reale che attende il nostro pianeta.
Quali sono dunque gli elementi critici del progetto Fe.ris, se ci sforziamo di adottare questo punto di vista? Ne possiamo citare almeno due. Il primo elemento è costituito dalla cementificazione ed il consumo di suolo che deriveranno dalla realizzazione del progetto. La regione Emilia-Romagna è attualmente la terza in Italia per consumo di suolo (15). Eppure le evidenze scientifiche sono chiare a questo riguardo: se vogliamo fermare il cambiamento climatico e preservare il nostro ecosistema, dal quale come abbiamo detto dipende la nostra salute, dobbiamo fermare, tra le altre cose, anche il consumo di suolo, e fare in modo che città non torni ad essere sinonimo di malattia. Ogni metro quadrato di cemento in più è un metro quadrato di troppo. Oltre ad un generale contributo al fenomeno globale del cambiamento climatico legato alle maggiori emissioni di Co2, possiamo tracciare anche degli effetti locali molto concreti legati alla perdita di aree verdi urbane che notoriamente esercitano effetti positivi sulla salute mentale e il benessere fisico e psicologico (16,17), sui livelli di attività fisica e sulla riduzione della mortalità generale dei cittadini (18). Il verde urbano infatti contribuisce al riassorbimento della Co2 atmosferica, a preservare la permeabilità e la qualità del suolo e delle acque, a mitigare l’effetto isola di calore e rinfrescare l’ambiente urbano (19), a ridurre i livelli di inquinamento atmosferico e acustico (20), a promuovere le interazioni sociali e l’integrazione comunitaria. Se si considera la tutela della salute come priorità, il consumo di suolo va evitato, a meno che da esso non derivi un evidente maggiore beneficio per la collettività. Questo ovviamente non è un tema che possa essere affrontato esclusivamente sul piano sanitario, ma i soggetti aderenti al Forum hanno reso sufficientemente chiaro, durante l’incontro del 5 dicembre, che i vantaggi per la comunità sembrerebbero difficili da vedere per come è strutturato attualmente il progetto. Di fatto esistono già studi scientifici che cercano di valutare l’impatto in termini di salute determinato da interventi di rigenerazione urbana effettuati in varie parti del mondo. Quello che emerge è che in generale la rigenerazione urbana può rappresentare un preziosissimo strumento per la promozione e il miglioramento della salute delle popolazioni urbane, ma questo dipende dalle caratteristiche dello specifico intervento. Accanto a esempi virtuosi infatti non è difficile trovare anche casi di studio che mostrano come la rigenerazione urbana possa portare a conseguenze negative per la popolazione, soprattutto quando risulti legata a fenomeni come quello della gentrificazione (21, 22).
Il secondo elemento critico del progetto Fe.ris è che esso prevede la costruzione di un nuovo parcheggio, il che equivale ad un esplicito incentivo all’utilizzo dell’automobile privata, una strategia del tutto anacronistica per i nostri tempi. Da una prospettiva di sanità pubblica i contro di questa strategia sono evidenti. Pensiamo a: maggiori emissioni di Co2 con impatto sull’accumulo dei gas serra in atmosfera; peggioramento della qualità dell’aria con aumento nell’incidenza di patologie respiratorie e cardiovascolari, acute e croniche (23); inquinamento acustico; rischio di incidenti e traumi stradali; ridotta attività fisica con aumentato rischio di sviluppare patologie croniche tra cui obesità, diabete e malattie cardiovascolari (24); stress e malessere psicologico. Non è difficile invece immaginare un’alternativa con cui ribaltare il quadro. Incentivare la mobilità attiva e sostenibile e potenziare i mezzi pubblici sono strategie per contrastare contemporaneamente (in gergo tecnico si parla infatti di co-benefits) il cambiamento climatico, l’inquinamento dell’aria, la congestione del traffico urbano, i traumi e gli incidenti della strada, e la diffusione delle principali patologie cronico-degenerative legate all’invecchiamento della popolazione abituata ad uno stile di vita prettamente sedentario (25). A queste problematiche la popolazione di Ferrara non è certamente estranea, essendo una tra le più anziane d’Italia, con un’età media della popolazione di 49,5 anni (contro un’età media di 46,2 anni a livello nazionale) e un indice di vecchiaia di 269 anziani per 100 giovani (contro il valore di 188 anziani per 100 giovani a livello nazionale) (26).
Il dibattito che ruota attorno al progetto Fe.ris è importantissimo per Ferrara e i suoi cittadini, ma è anche molto più importante di quanto possa sembrare dall’interno della nostra rassicurante cinta muraria. Se ci si sporge per un attimo dai confini cittadini ci si rende infatti conto di come sempre di più quel che avviene in una parte di mondo interessa anche tutto il resto del pianeta (è la globalizzazione, baby), e questa lezione è stata brutalmente esposta sotto gli occhi di tutti durante la pandemia da Covid-19. Il cambiamento climatico è un fenomeno contemporaneamente locale e globale. Per questo motivo i cittadini di Ferrara devono fare la loro parte e combattere per la propria città e per la propria salute, e mentre lo fanno, consapevolmente o meno, combattono anche per la salute di tutto il pianeta. Esiste infatti una perfetta continuità di scala, come un filo sottile, a collegare tra loro la salute urbana (Urban Health), la salute globale (Global Health) e la salute del pianeta (Planetary Health).
Contributo di Paola Perrone e Andrea Ubiali, medici specialisti in sanità pubblica
Figura 3: The Ferrareser. https://www.theferrareser.com/
Bibliografia
(1) Marmot M, Friel S, Bell R, Houweling TA, Taylor S; Commission on Social Determinants of Health. Closing the gap in a generation: health equity through action on the social determinants of health. Lancet. 2008 Nov 8;372(9650):1661-9. doi: 10.1016/S0140-6736(08)61690-6. PMID: 18994664.
(2) URBAN HEALTH: Evidence, Challenges, and Directions. Sandro Galea and David Vlahov. Annual Review of Public Health 2005 26:1, 341-365
(3) https://www.who.int/health-topics/urban-health#tab=tab_1
(4) World Health Organization. Fast facts on climate and health. https://cdn.who.int/media/docs/default-source/climate-change/fast-facts-on-climate-and-health .pdf
(5) World Health Organization. Mental health and climate change: policy brief. https://www.who.int/publications/i/item/9789240045125
(6) Marí-Dell’Olmo M, Oliveras L, Barón-Miras LE, Borrell C, Montalvo T, Ariza C, Ventayol I, Mercuriali L, Sheehan M, Gómez-Gutiérrez A, Villalbí JR. Climate Change and Health in Urban Areas with a Mediterranean Climate: A Conceptual Framework with a Social and Climate Justice Approach. Int J Environ Res Public Health. 2022 Oct 6;19(19):12764. doi: 10.3390/ijerph191912764. PMID: 36232063; PMCID: PMC9566374.
(7) Ghosh A. La grande cecità. Il cambiamento climatico e l’impensabile. Neri Pozza Editore. 2017. ISBN: 978-88-545-1337-2.
(8) United Nations Environment Programme. Emission gap report 2022. The closing window. ISNB: 978-92-807-3979-4. 2022
(9) https://www.who.int/activities/promoting-health-in-all-policies-and-intersectoral-action-capaciti es
(10) https://www.eea.europa.eu/it/articles/estate-2022-vivere-in-uno
(11) https://www.open.online/2022/09/06/europa-siccita-copernicus-sentinel-2/ (12) https://www.ilgiornaledelpo.it/secca-del-po-dura-da-un-anno/
(13) https://tg24.sky.it/cronaca/2022/08/19/maltempo-ferrara-oggi#04
(14) Wu ming1 .Le «terre nuove» destinate a scomparire (raccontate prima che arrivi il mare), introduzione a: Quando qui sarà tornato il mare, storie dal clima che ci attende, di Moira Dal Sito.
(15)Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente. Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici. Edizione 2022
(16)Lee, A.C.K.; Maheswaran, R. The health benefits of urban green spaces: A review of the evidence. J. Public Health 2010, 33, 212–222.
(17)Jabbar M, Yusoff MM, Shafie A. Assessing the role of urban green spaces for human well-being: a systematic review. GeoJournal. 2022;87(5):4405-4423. doi: 10.1007/s10708-021-10474-7. Epub 2021 Jul 20. PMID: 34305268; PMCID: PMC8290137.
(18)Kondo MC, Fluehr JM, McKeon T, Branas CC. Urban Green Space and Its Impact on Human Health. Int J Environ Res Public Health. 2018 Mar 3;15(3):445. doi: 10.3390/ijerph15030445. PMID: 29510520; PMCID: PMC5876990.
(19)Aram F, Higueras García E, Solgi E, Mansournia S. Urban green space cooling effect in cities. Heliyon. 2019 Apr 8;5(4):e01339. doi: 10.1016/j.heliyon.2019.e01339. PMID: 31008380; PMCID: PMC6458494.
(20)Dadvand P, Rivas I, Basagaña X, Alvarez-Pedrerol M, Su J, Pascual MDC, Amato F, Jerret M, Querol X, Sunyer J. The association between greenness and traffic-related air pollution at schools. Science of the Total Environment. 2015;523:59–63. doi: 10.1016/j.scitotenv.2015.03.103.
(21)McCartney G, Hearty W, Taulbut M, Mitchell R, Dryden R, Collins C. Regeneration and health: a structured, rapid literature review. Public Health. 2017 Jul;148:69-87. doi: 10.1016/j.puhe.2017.02.022. Epub 2017 Apr 18. PMID: 28431333.
(22)Mehdipanah R, Marra G, Melis G, Gelormino E. Urban renewal, gentrification and health equity: a realist perspective. Eur J Public Health. 2018 Apr 1;28(2):243-248. doi: 10.1093/eurpub/ckx202. PMID: 29149276.
(23)Miller MR, Newby DE. Air pollution and cardiovascular disease: car sick. Cardiovasc Res. 2020 Feb 1;116(2):279-294. doi: 10.1093/cvr/cvz228. PMID: 31583404.
(24)Gössling S, Nicolosi J, Litman T. The Health Cost of Transport in Cities. Curr Environ Health Rep. 2021 Jun;8(2):196-201. doi: 10.1007/s40572-021-00308-6. Epub 2021 Mar 8. PMID: 33686593; PMCID: PMC8208911.
(25)Giles-Corti B, Foster S, Shilton T, Falconer R. The co-benefits for health of investing in active transportation. N S W Public Health Bull. 2010 May-Jun;21(5-6):122-7. doi: 10.1071/NB10027. PMID: 20637168.
(26)Dati Istat, anno 2022. https://www.istat.it/it/popolazione-e-famiglie?dati
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